La prima notte fuori dal carcere l’ha passata festeggiando con gli amici al Cairo, ma senza la tranquillità di un’assoluzione. Il primo abbraccio di Patrick Zaki dopo la scarcerazione di ieri mattina è stato per sua madre. Il primo dopo 22 mesi nella piccola cella della prigione del Cairo. “Sto bene, viva Bologna”, ha detto il ricercatore egiziano appena uscito dal Palazzo di Giustizia di Mansura, dove il giudice, al termine della terza udienza del processo a suo carico, ha emesso la sentenza di libertà.
Patrick si è lasciato fotografare vestito con la tuta bianca degli imputati, segno di quell’accusa per “diffusione di notizie false” ai danni dello Stato, da cui non è stato assolto. Per la Corte d’emergenza egiziana, infatti, il giovane è ancora sotto processo, anche se non avrà l’obbligo di firma. Non è ancora chiaro, come ha affermato la legale di Zaki, Hoda Nasrallah, se lo studente egiziano potrà lasciare il Paese prima della nuova udienza, fissata per il primo febbraio 2022. Oltre all’esito finale, a preoccupare sono anche le tempistiche del processo, già molto lunghe per la prima parte.
“La scarcerazione di Zaki è solo un primo passo – ha detto questa mattina il ministro degli Esteri Luigi Di Maio – è la dimostrazione che i risultati si ottengono aprendo i canali diplomatici non chiudendoli”.