Tre quinti dei vertebrati si sono estinti dal 1970 al 2014. Se questa tendenza dovesse continuare, il declino potrebbe interessare ben due terzi degli animali tra anfibi, rettili, uccelli, mammiferi e pesci entro il 2020. A rivelarlo è il rapporto “Living Planet” del Zoological Society of London e del Wwf. Le perdite maggiori si registrano tra gli animali che vivono in fiumi, laghi e paludi. La causa principale, come sempre, è soprattutto l’impatto dell’uomo, che comporta una significativa perdita di habitat. Ovviamente anche i cambiamenti climatici e il bracconaggio giocano un ruolo importante. Nel 2014, un altro rapporto aveva già rivelato una diminuzione del 52% dei vertebrati dal 1970 al 2010.
Sono stati presi in considerazione 14.152 animali di 3.706 specie diverse. La categoria più colpita è quella della fauna di acqua dolce, parliamo di un calo dell’81% in media tra il 1970 ed il 2012. Le specie che popolano il mare sono diminuite del 36%. Il bracconaggio in Africa, invece, ha colpito maggiormente gli elefanti, che ora sono solamente 415.000. Il calo degli elefanti africani è stato di ben 111.000 unità.
“Abbiamo raggiunto un punto oramai in cui non ci sono più scuse per lasciare che tutto ciò avvenga – ha dichiarato il dottor Mike Barrett, a capo del reparto di scienza e della linea politica del Wwf – Conosciamo quali sono le cause e l’impatto che l’uomo sta avendo sulla natura e sulla fauna selvatica. Ora spetta a noi fare qualcosa”.
Questo rapporto “Living Planet” ha già suscitato qualche polemica. “Ad esempio, se si guarda ai luoghi da cui sono stati presi i dati, si nota, senza stupore, che riguardano perlopiù l’Europa dell’ovest” ha affermato Stuart Pimm, professore di Ecologia della conservazione alla Duke University degli Stati Uniti. “Non abbiamo dati dal Sud America, dall’Africa Tropicale, e non abbiamo granché neanche dai tropici”.