Sospensione di manifestazioni o di iniziative di qualsiasi natura, di eventi e di ogni forma di riunione in luogo pubblico o privato. Chiusura delle scuole di ogni ordine e grado e delle istituzioni di formazione superiore. Chiusura di tutte le attività commerciali. Sospensione delle attività lavorative, dei servizi di trasporto pubblico locale, di merci e di persone, terrestre, ferroviario e in acqua. In poche parole, come rendere una città fantasma.
È quanto disposto dal decreto legge dell’1 marzo 2020 per i comuni delle cosiddette “zone rosse”. In Lombardia sono compresi Bertonico, Casalpusterlengo, Castelgerundo, Castiglione d’Adda, Codogno, Fombio, Maleo, San Fiorano, Somaglia e Terranova dei Passerini. In Veneto invece Vo’ Euganeo. Questi comuni fanno parte dell’Allegato 1.
Con gli altri due allegati, il decreto legge ha diviso l’Italia in tre parti, quelle maggiormente colpite dal coronavirus, e per ognuna di esse ha definito limitazioni e autorizzazioni, a cui tutti i sindaci e tutte le regioni implicate devono sottostare. Non c’è più tempo per le polemiche, non c’è spazio per litigi sterili sulle competenze. Con questo decreto, il governo ha stabilito che è e sarà lui a decidere. Perché siamo di fronte a un’emergenza nazionale e internazionale.
Nell’Allegato 2 del decreto legge sono comprese le regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto, oltre alle province di Pesaro-Urbino e Savona. È sempre prevista la chiusura di tutte le scuole e università, ma i musei restano aperti, come i luoghi di culto, “a condizione da evitare assembramenti di persone” e da rispettare la distanza tra le persone di almeno un metro.
Questa misurazione della distanza ricorre in tutti gli altri articoli che riguardano lo svolgimento delle attività di ristorazione, bar e pub e l’apertura delle attività commerciali. Dal punto di vista lavorativo, se sono in programma incontri o riunioni, bisogna privilegiare le modalità di collegamento da remoto.
La terza suddivisione (Allegato 3) riguarda le province di Bergamo, Lodi, Piacenza e Cremona. Nei giorni di sabato e domenica sono chiuse le medie e grandi strutture di vendita e gli esercizi commerciali al loro interno, escluse le farmacie e i punti vendita di generi alimentari. Nella sola regione Lombardia e nella provincia di Piacenza si applica anche la chiusura di palestre, centri sportivi, piscine e centri benessere.
Nell’ultima parte del decreto legge sono evocate le misure di prevenzione già ribadite in altre occasioni: lavarsi spesso le mani, evitare i contatti ravvicinati, non toccarsi occhi, naso e bocca, coprirsi se si starnutisce e usare la mascherina soltanto se si sospetta di essere malati o si assistono persone malate.