Azzurra Rinaldi, economista e responsabile della School of Gender Economics di Unitelma Sapienza, spiega a Lumsanews le motivazioni culturali che si nascondono dietro l’intensificazione della violenza economica nei confronti delle donne.
Se la forma più frequente di abusi subìta è di tipo psicologico, almeno 1 donna su 3 subisce violenza economica. Il fenomeno però non è molto conosciuto, perché?
“Perché culturalmente nel nostro Paese è considerato normale che una donna non lavori. Anzi è considerato quasi anomalo il contrario e questo è un aspetto che qualunque madre che lavori le potrà confermare. Quando una donna ha un’occupazione ha quasi lo stigma sociale per questo. E questa chiusura si ripercuote sul mercato del lavoro italiano che non vuole le donne. Questo purtroppo anche a causa della normativa che crea differenziazione tra uomini e donne”.
Perché anche le donne hanno più difficoltà a individuare tale abuso?
“Veniamo da una tradizione che relega la figura femminile all’interno delle mura domestiche. È lì che si deve svolgere il suo ruolo fondamentale”.
Perché disporre di denaro proprio è così importante?
“Perché il denaro è potere. Un adulto che non ha potere sulla propria vita è un adulto che più difficilmente può opporsi agli abusi. In Italia lavora solo il 48,6% delle donne. Ma ancora peggio è che 1 donna su 3 non ha un conto corrente a proprio nome”.
Perché il nostro Paese non riesce a eliminare la violenza economica?
“Manca culturalmente una prospettiva di genere in tutte le sedi pubbliche. Tutti i fondi pubblici hanno un impatto diverso se si tratta di uomini o di donne: dal decreto Ristori al Cura Italia fino alla Legge di Bilancio. E questa è secondo me la grande consapevolezza che manca. Bankitalia nel 2013 ha fatto uno studio dove si diceva che se anche solo il 60% delle donne italiane fosse occupato, noi avremmo un incremento di Pil di 7 punti percentuali. Noi lo scorso anno abbiamo chiuso a -8,9. Se avessimo fatto un Pnrr, se avessimo fatto una legge di Bilancio che ripartiva dal lavoro delle donne, noi avremmo potuto quasi azzerare lo scarto negativo della crisi economica post Covid”.