Non si allenta la tensione in Venezuela dopo le elezioni presidenziali di domenica scorsa. Sette morti, 61 feriti e 135 arresti è il bilancio delle violenze provocate dagli scontri tra sostenitori del leader dell’opposizione Capriles e l’erede di Hugo Chavez, Maduro, uscito vincitore dalla tornata elettorale.
“Abbiamo aperto un’inchiesta penale” sugli scontri di piazza della notte scorsa, ha detto Luisa Ortega Diaz, responsabile della Procura generale venezuelana, aggiungendo che le 135 persone potrebbero essere accusate per “associazione per delinquere. Ho controllato le immagini che mi sono arrivate, e ho notato lo stesso formato del golpe del 2002”, ha proseguito Ortega Diaz.
Un Paese in crisi spaccato in due. Il Paese è spaccato in due, Nicolas Maduro, il delfino del leader bolivariano morto il 5 marzo scorso, è stato proclamato presidente a dispetto delle contestazione e delle richieste di riconteggio dei voti del suo rivale, Henrique Capriles, che lo definisce capo dello Stato illegittimo. Inoltre il quadro politico è aggravato dalla crisi in cui versa il Venezuela. L’industria petrolifera, unico volano del Paese, vive una fase di sviluppo bloccato. Solo gli investimenti stranieri in tecnologia potrebbero rilanciare le estrazioni e aumentare la quantità di greggio prodotto.
“Il governo vuole morti”, ha affermato il leader dell’opposizione. “Mi hanno avvertito che vogliono infiltrare persone all’interno della folla che si mobiliterà”, ha chiesto Capriles. Avvertendo che “chi lo farà si metterà dalla parte della violenza”. L’opposizione non riconosce i risultati ufficiali delle elezioni presidenziali, in base ai quali Maduro ha vinto con il 50,75 per cento dei voti contro il 48,97 di Capriles. Un bel passo in avanti rispetto ai risultati ottenuti nelle elezioni del 7 ottobre, quando Hugo Chavez distanziò lo sfidante. Con Maduro alla guida, il Partito socialista unito del Venezuela ha perso per strada, dati ufficiali alla mano, almeno 600 mila voti.
Capriles ha ribadito che “l’unica cosa che chiede è il controllo sui risultati del voto”. “Se non credono nella democrazia, escano pure a dire che si sta facendo un colpo di Stato”, ha aggiunto alludendo alle ultime dichiarazioni di Maduro. “Voglio chiedere al signor Maduro che si calmi un pò, lo sento come uno che sta delirando”.
Un’opposizione antidemocratica. Il ministro degli Esteri, Elias Jaua, ha rincarato la dose sostenendo che “da ieri l’opposizione venezuelana ha cessato di essere democratica”, mentre il presidente dell’Assemblea Nazionale (An), Diosdado Cabello, ha lanciato pesanti accuse al leader dell’opposizione: “Capriles, fascista, mi assicurerò personalmente che tu paghi per il danno che stai causando alla Patria e al nostro Popolo”, ha scritto minaccioso su Twitter.
Intanto, il leader dell’opposizione ha deciso di rinunciare alla manifestazione in programma per oggi a Caracas, dopo che il presidente eletto Nicolas Maduro ha annunciato l’intenzione di vietarla. Il corteo era stato voluto per raggiungere la sede del Cne, il Consiglio nazionale elettorale, e consegnare ai responsabili la richiesta di una verifica del risultato delle elezioni presidenziali.
Alessandro Filippelli