“Revisione totale, assoluta, delle relazioni con il governo degli Stati Uniti”. È questo che il presidente venezuelano Nicolás Maduro ha annunciato ieri sera al suo ministro degli Esteri Jorge Arreaza, in seguito alle dichiarazioni del vicepresidente statunitense Mike Pence. Per Maduro, le intromissioni degli Usa negli affari interni venezuelani sono una “vera e propria aggressione straniera che non ha paragoni nei 200 anni di storia delle relazioni fra Stati Uniti e Venezuela”. Il venezuelano ha fatto sapere che il discorso dell’americano era volto a sostenere un colpo di stato fascista, come quello verificatosi l’11 aprile 2002, quindi totalmente inaccettabile: “Ha rotto tutte le regole del gioco”.
Nelle prossime ore verranno prese decisioni per rivedere le relazioni bilaterali tra i due paesi, intanto il presidente contestato conclude il suo discorso cercando di dare uno stop alle cospirazioni che girano intorno alla sua figura, secondo cui sarebbe stato eletto in maniera non democratica: “Vogliamo difendere la nostra democrazia”.
Ma per capire meglio la vicenda è importante fare qualche passo indietro. A Caracas oggi sono previste due diverse manifestazioni: per chi si schiera con il governo del presidente e chi, invece, lo fronteggia, tra questi spiccano molti esponenti della Guardia nazionale bolivariana che lunedì hanno occupato una caserma a Cotiza, a nord della capitale del Venezuela, e che sono stati successivamente arrestati.
Il vicepresidente dell’amministrazione Trump nel suo videomessaggio ha espresso “l’incondizionato sostegno” del governo e del popolo degli Stati Uniti al popolo venezuelano che “in questo momento si accinge a levare la sua voce chiedendo libertà”. “È un dittatore senza alcun diritto al potere” ha continuato Pence riferendosi a Maduro.