Nicolás Maduro è il nuovo presidente del Venezuela, ma anche il vincitore di un’elezione mai così incerta. Il peggior scenario possibile per un paese profondamente diviso da 14 anni di chavismo. Maduro, l’ex autista di autobus ed ex ministro degli esteri, che Chavez indicò come suo successore prima di morire lo scorso 5 marzo, ha ottenuto il 50,99% dei voti (7.505.000) contro il 49,7% (7.270.000) del candidato dell’opposizione, Henrique Capriles. Un risultato che apre una stagione di incertezza e instabilità in Venezuela, e che è stato subito contestato dal leader dell’opposizione che ha chiesto il riconteggio totale dei voti e si è dichiarato in possesso di risultati completamente diversi da quelli annunciati dal Consiglio nazionale elettorale.
Maduro, nel giro di pochi mesi – da quel 7 ottobre dello scorso anno, quando un già malato Chavez è stato riconfermato alla presidenza – è riuscito a perdere quasi 700mila voti, finiti, stando ai risultati, nelle mani dell’opposizione. Già le passate elezioni avevano registrato il peggior risultato in 14 anni di potere del caudillo. Maduro ha fatto peggio, e ora il paese è spaccato in due. Una condizione mortale per il Venezuela, che deve affrontare problemi enormi. Le ricette sono all’antitesi. Nel paese, dal 1998 (anno della prima elezione alla presidenza di Chavez), si affrontano due visioni diversissime della società: la “rivoluzione bolivariana” di Chavez, ispirata al nuovo socialismo di matrice castrista, e la democrazia liberale che l’opposizione vorrebbe restaurare nel paese. Ieri Capriles è stato durissimo:«È lei lo sconfitto», ha detto riferendosi all’erede del caudillo. «Io non faccio patti né con la menzogna, né con la corruzione – ha continuato – li faccio, gli accordi, solo con Dio e con il popolo venezuelano». Un popolo per il quale Capriles esige rispetto. «Perché se si sommano le oltre 3mila denunce – ha detto – i voti esteri ancora da conteggiare, oltre a tutte le altre irregolarità, dalla chiusura delle frontiere alle persone in moto che sono andate in giro a minacciare gli oppositori, qui siamo di fronte a qualcos’altro».
L’impasse apre anche una spaccatura all’interno del partito del presidente, il Psuv (Partito socialista unito del Venezuela) con Maduro che rischia ora di perdere autorità. Diosdado Cabello, il potente presidente del Parlamento che prima della morte di Chavez contendeva a Maduro la leadership bolivariana, ha chiesto “un’autocritica”.
“La mia vittoria dimostra che Chavez vive e continua a vincere le sue battaglie”, ha detto Maduro parlando dal palazzo presidenziale di Miraflores, a Caracas. Ma le scelte che attendono il nuovo presidente saranno difficilissime. Il paese esce da 14 anni di chavismo, che con la sua battaglia contro l’iniziativa privata e la conseguente nazionalizzazione di ampi settori dell’economia ha trasformato il venezuela in una nazione che produce sempre meno e importa sempre di più. E i segnali di malessere verso la retorica di regime, l’occupazione dello Stato e la gestione senza trasparenza alcuna dei fondi pubblici si sono moltiplicati negli ultimi tempi. Sfide che il nuovo presidente dovrà affrontare per non far precipitare il paese in una grave recessione economica. Se riuscirà a riaffermare la sua leadership nel paese e all’interno del suo partito.