Il 14 aprile 29 milioni di venezuelani sono chiamati a eleggere il successore di Hugo Chávez, scomparso il 5 marzo. Dopo Hugo Chavez il Paese guarda al successore Nicolàs Maduro. Mentre il rivale Henrique Capriles, candidato del centrodestra, incalza. Da una parte c’è la continuità di Maduro, delfino del comandante e da lui stesso designato alla successione; dall’altra Henrique Capriles, il candidato di centrodestra che alle presidenziali del 6 ottobre 2012 perse (contro Chavez) pur avendo ottenuto il 44% delle preferenze. Capriles spera di intercettare, oltre ai suoi, i connazionali delusi dal chavismo e che strizzano l’occhio alle aperture economiche, come le tanto invocate liberalizzazioni e la rottura delle alleanze con i regimi totalitari.
Strada spianata alla continuità. Ciononostante è Maduro il vincitore probabile delle elezioni, e l’atmosfera delle ultime settimane lo ha dimostrato: il dolore della gente per la morte di Chávez unito alla forza del mito e alla sensazione di incertezza che è seguita alla sua scomparsa, continuano a essere i punti di appoggio per assicurarsi, in modo emotivo, i voti per la vittoria. L’immagine e le gesta dell’ex Caudillo del resto vivono nelle parole del suo delfino, che si è autodefinito «figlio di Chávez». Nemmeno a dirlo, il programma di Maduro è identico al Programa de la patria che Chávez aveva presentato per la legislatura 2013-2019. Il candidato del Psuv (Partido socialista unido de Venezuela) è chiamato a non sottovalutare quei temi critici irrisolti nel Paese e dei quali Capriles con il suo Mud (Mesa de unidad democrática) ha fatto un cavallo di battaglia.
La partita si gioca sulla sicurezza. Nel 2012 il ministero dell’Interno del Venezuela ha contato 16 mila morti ammazzati, mentre Caracas è risultata la terza città più violenta al mondo, con 119 morti per ogni 100 mila abitanti, dopo San Pedro Sula in Honduras e Acapulco in Messico. Nei primi tre mesi del 2013, secondo il ministero dell’Interno, le vittime di morte violenta in tutto il Paese sono già 3.400. Maduro non nega il problema dell’insicurezza: «Rapine, omicidi, sequestri e traffico di droga sono il più grave ostacolo alla definitiva realizzazione di una società socialista e ugualitaria», ha detto in un comizio nello Stato di Monagas. Ma rispetto al suo sfidante il suo discorso è fatto di molti slogan e poche proposte concrete.
Gli altri temi della campagna. Lo scontro si intensifica anche sul piano della comunicazione, con Capriles che ha ribadito la sua denuncia nei confronti di alcuni media nazionali fortemente schierati con il partito di governo, che definiscono l’avversario come «presidente incaricato». «Ricordo che Maduro non è stato eletto», ha spiegato l’avvocato, «da oggi lui è un candidato con gli stessi diritti e doveri che ho io». Ma, soprattutto, Capriles ha detto di essere stato messo a conoscenza da fonti militari di un cosiddetto «piano Stalin» del governo: la tornata elettorale sarebbe annullata nel caso di risultato negativo per i chavisti. Nicolás Maduro nega tutto. «La mia sarà la presidenza della pace», ha detto. Ma quale sia il livello dello scontro, nel Paese orfano di Chavez, è chiaro.
Marco Potenziani