Spagna, Francia, Germania, Gran Bretagna, Svezia, Olanda e Austria. Questi sette paesi hanno riconosciuto Juan Guaidó come “presidente ad interim” del Venezuela. Da Madrid a Vienna, i governi si schierano a fianco del capo dell’assemblea legislativa del paese sudamericano, autoproclamatosi capo di Stato lo scorso 24 gennaio.
Il riconoscimento arriva dopo la scadenza dell’ultimatum posto all’attuale presidente del Venezuela Nicolas Maduro: l’erede di Hugo Chavez aveva otto giorni di tempo per indire le nuove presidenziali. La richiesta non è stata accolta e Maduro ha solamente annunciato nuove elezioni per il rinnovo del Parlamento, di cui è espressione il rivale Guaidó.
I sette governi hanno deciso di muoversi autonomamente, considerata la mancanza di una risoluzione comune dell’Ue. Lo scorso 1 febbraio l’Italia ha posto il veto su qualsiasi dichiarazione che comportasse un riconoscimento “anche implicito” di Guaidó.
Una prima risposta all’appoggio europeo all’autoproclamato presidente del Venezuela arriva dalla Russia. “L’imposizione di qualsiasi soluzione o il tentativo di legittimare il tentativo di usurpazione del potere è, a nostro avviso, interferenza diretta negli affari interni del Venezuela”, ha dichiarato Dmitri Peskov, portavoce del presidente russo.
“Un intervento militare Usa minerebbe tutti i principi del diritto internazionale”, ha sottolineato invece il ministro degli Esteri Sergej Lavrov, rispondendo alle dichiarazioni di Donald Trump. Il presidente statunitense ha più volte paventato un’azione dell’esercito statunitense per far cadere il presidente Maduro.
Lavrov ha affermato poi che la Russia favorirà un accordo tra le due fazioni venezuelane nell’incontro di domani a Montevideo. Nella capitale dell’Uruguay si incontreranno i rappresentanti della diplomazia di dodici tra paesi europei (tra cui l’Italia) e sudamericani.