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Val di Susa, 200 militari in più per difendere i cantieri della Tav. A Torino anche l’ex vicecapo della Polizia. Polemica al veleno Alfano-Rodotà

di Marcello Gelardini23 Settembre 2013
23 Settembre 2013

La Tav si deve fare, senza se e senza ma. Per questo, a breve, altri 200 militari saranno inviati in Val di Susa per presidiare i cantieri e garantire la sicurezza delle imprese che, nei prossimi mesi, lavoreranno per ultimare i lavori della linea ferroviaria ad alta velocità che collegherà Torino a Lione. La decisione del governo è stata presa dal Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza, presieduto dal ministro dell’Interno Alfano, riunitosi d’urgenza dopo il vigoroso riaccendersi delle proteste nella valle.
L’impegno del governo. Mano dura, dunque, dell’esecutivo per permettere la realizzazione di una delle fasi più delicate dell’intera opera. Proprio la settimana scorsa è, infatti, entrata in funzione nel cantiere di Chiomonte la “boring machine”, la mega-talpa che dovrà scavare il tunnel esplorativo di sette chilometri e mezzo proprio sotto il monte. «Lo Stato fa lo Stato – ha dichiarato il ministro – Delinquenti e bombaroli si rassegnino». Il contingente a presidio del cantiere arriverà così a 415 uomini con il compito di affiancare polizia e carabinieri già al lavoro nella zona.
Nuovi scontri nella valle. Una decisione che giunge al termine di una settimana tesa in Val di Susa: proprio alla vigilia dell’installazione della talpa nuovi scontri, sabotaggi e attentati incendiari da parte dei comitati “No Tav” hanno riproposto con forza il problema della sicurezza per i lavoratori delle ditte impegnate nei cantieri. Anarchici da una parte, autonomi dall’altro, tutti con lo stesso obiettivo: creare disordine per impedire l’avanzamento dei cantieri.
Br al fianco della protesta. Gesti dimostrativi salutati positivamente addirittura dal terrorismo organizzato: «Il movimento no tav deve compiere un altro salto in avanti, politico organizzativo, assumendone anche le conseguenze», ad affidare questo messaggio alla rete sono stati Alfredo Davanzo e Vincenzo Sisi, esponenti delle cosiddette “nuove br”, direttamente dal carcere di Siano, dove sono detenuti.
Lo scontro Alfano-Rodotà. Parole che, aldilà dei giudizi morali, hanno anche scatenato un’accesa polemica tra il ministro Alfano e l’ex candidato alla Presidenza della Repubblica, Stefano Rodotà. Secondo il giurista, infatti, il documento delle nuove Br ha dei contenuti «deprecabili ma comprensibili». Immediata la replica del Viminale: «Parole come queste sono gravissime, inquietanti e le condanno duramente – ha tuonato Alfano – mi auguro che Rodotà rettifichi perché le parole in questi momenti pesino come pietre. I poliziotti e i lavoratori sono lì a rischiare la vita». Pronta, però la controreplica di Rodotà: «Non ho mai voluto giustificarli ma ho solo sottolineato un dato di fatto – ha tenuto a precisare – che cosa vi aspettate da brigatisti rimasti prigionieri della loro cultura? La mia storia di contrapposizione alle Br parla chiaro e sono in assoluto dissenso con ogni manifestazione di violenza in Val di Susa». Precisazioni cui fa seguito la querela presentata dal giurista nei confronti del ministro.
Viminale mobilitato. Intanto da Roma arriva a Torino, come nuovo prefetto della città, Paola Basilone, ex vicecapo della polizia ed esperta di ordine pubblico; tra l’altro, in passato, si è già occupata di alta velocità tamponando le infiltrazioni mafiose sulla linea Tav Roma-Napoli. Mentre il capo della polizia Pansa, nel capoluogo piemontese per una riunione con tutti i questori della regione, ha voluto personalmente visitare la “fortezza” che protegge gli scavi a Chiomonte; un fuoriprogramma per controllare direttamente l’organizzazione difensiva del cantiere e per testimoniare l’impegno e la cura con cui le forze dell’ordine stanno affrontando l’emergenza sicurezza in Val di Susa. Segnali che, messi uno dietro l’altro, dimostrano come sulla Tav il governo faccia davvero sul serio.

Marcello Gelardini

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