Licenziato e incriminato per omicidio. Rischia la pena di morte o l’ergastolo Michael T. Slager, l’ormai ex poliziotto 33enne di North Charleston, nel Sud Carolina, che alcuni giorni fa ha ucciso con otto colpi di pistola alla schiena – cinque a segno – il cinquantenne afroamericano Walter L. Scott, disarmato, padre di quattro figli e con un passato da veterano nella Guardia Costiera.
Morire per un fanalino. La discussione tra i due uomini era cominciata durante un banale controllo stradale per un fanalino rotto. Scott sarebbe a quel punto sceso dalla macchina e fuggito, poi in un vicino parco è accaduto l’irreparabile: un video riprende l’agente mentre si mette in posizione di tiro e spara ripetutamente alle spalle di un uomo corpulento, che cerca goffamente di fuggire. Subito dopo raccoglie la sua pistola laser in dotazione (il ben noto taser, messo sotto accusa perché può provocare lesioni gravi e perfino la morte in soggetti cardiopatici) e lo lascia cadere vicino al corpo di Scott, ammanettandolo quanto probabilmente è già morto.
Smascherata la messinscena. La versione data in un primo momento dall’agente – aver sparato per legittima difesa dopo che l’afroamericano gli aveva strappato di mano il taser durante una colluttazione – è stata completamente smentita dal video girato con un telefonino dal cittadino Fedin Santana, che lo ha fatto avere al New York Times ed è stato poi intervistato dall’emittente Nbc. Secondo il testimone anche la prima parte della ricostruzione di Slager sarebbe falsa: sarebbe stato lui a cercare di azionare il taser e proprio questo avrebbe causato la fuga disordinata di Scott, terminata dopo pochi passi con cinque proiettili nella schiena.
Si è temuta una nuova Ferguson. Composta la reazione dei familiari della vittima: i fratelli Anthony e Robert hanno chiesto pubblicamente quel «cambiamento» nell’atteggiamento della polizia (abitualmente bianca) nei confronti degli afroamericani più volte promesso – l’ultima un mese fa all’anniversario della marcia sul ponte di Selma, in Alabama – da Barack Obama, primo presidente nero degli Stati Uniti. E’ probabile che l’incriminazione di Stager contribuirà definitivamente a smorzare gli animi, ma nei primi giorni successivi al delitto la popolazione afroamericana, largamente maggioritaria a North Charleston, era scesa più volte in strada per protestare, e la morte di Walter Scott rischiava di diventare un nuovo caso nazionale dopo quelli di Ferguson (in Missouri) e New York, dove i poliziotti bianchi erano sempre stati scagionati per mancanza di prove dopo aver ucciso cittadini neri disarmati.
Alessandro Testa