In un clima esasperato dalle ultime dichiarazioni, negli USA è giunto il giorno del voto delle Midterm per il Congresso e per 36 governatori. Uno snodo, questo legato alla fine del primo biennio di legislatura, storicamente difficile per il presidente in carica (che in media perde almeno 30 seggi), e da cui non sembra al sicuro neanche Donald Trump.
Complice il personalismo adottato dall’inquilino della Casa Bianca, queste elezioni di metà mandato si sono trasformate in un referendum su di lui, che ha già evocato il rischio brogli. Per questo e per altri segnali che il presidente ha recapitato al suo elettorato, ci si aspetta un’affluenza alle urne anomala, superiore alla media, con un incremento di quelle minoranze pigre nel 2016 e che oggi si sentono minacciate dalle politiche trumpiane.
“L’America è di nuovo rispettata in tutto il mondo”, ha affermato il presidente nel suo ultimo comizio, ma l’esito delle Midterm, in ogni caso, non appare affatto scontato. La Cnn, infatti, dà i Democratici in vantaggio sui Repubblicani, e questo potrebbe portare non pochi sconvolgimenti alla Casa Bianca.
La questione è aperta soprattutto alla Camera, dove l’opposizione deve conquistare 23 deputati aggiuntivi per tornare alla maggioranza, mentre è più stabile al Senato. Importanti saranno anche i 36 governatori, con i Dem in corsa nella conquista di roccaforti repubblicane come Florida, Georgia e Texas, il cui eventuale cedimento rappresenterebbe un chiaro segnale per il futuro del Paese.
Certamente, un Congresso ancora in mano a Trump sorriderebbe alla sua agenda (finora rispettata), con un concreto “via libera” per il 2020. Un’eventuale vittoria dei Democratici alla Camera, invece, porterebbe a rallentamenti sulla riduzione delle tasse alle imprese e sulla deregulation. Oltre a una strada in salita per le prossime presidenziali.