Dalle parole ai fatti: sospeso per 3 mesi l’ingresso da sette paesi musulmani: Siria, Libia, Iran, Iraq, Somalia, Sudan e Yemen. Sospeso anche per 120 giorni il programma d’ammissione di tutti i rifugiati e, fino a ulteriore comunicazione, l’ingresso di quelli siriani. Porte chiuse dunque anche a chi scappa da guerra e terrorismo. Donald Trump non sta perdendo tempo ed inaugura così, con provvedimenti che scatenano proteste in Usa e nel mondo, il nuovo corso alla guida della prima potenza mondiale.
Ma gli americani che si oppongono alla politica del neo presidente non sono rimasti a guardare. Nella giornata di ieri migliaia di persone si sono assembrate davanti alla Casa Bianca, dando alla manifestazione un nome diretto e significativo: “No Muslim ban”, ovvero “No al bando per i musulmani”. Altri manifestanti hanno invece scelto un luogo simbolo per esprimere il proprio dissenso: la Statua della Libertà. Un grande folla ha riempito Battery Park, la punta sud di Manhattan sulla baia di New York, di fronte a quel monumento che, nei decenni, per molti immigrati ha rappresentato l’inizio di una nuova vita.
Il provvedimento improvviso di Trump ha scatenato il caos all’aeroporto JFK di New York, la principale porta d’ingresso per i viaggiatori internazionali, dove alcuni passeggeri sono stati trattenuti in ottemperanza alle disposizioni del bando presidenziale. In centinaia hanno protestato e chiesto a gran voce che fossero liberati. Ma per Trump i problemi sono anche di ordine legislativo: sedici procuratori generali, in una dichiarazione congiunta, hanno definito incostituzionale il decreto.
Per giustificare le proprie decisioni Trump si è affidato, come suo consueto, ad un tweet, che prende a modello negativo l’Europa: «Il nostro Paese ha bisogno di confini forti e di controlli rigidi, ADESSO. Guardate quello che sta succedendo in Europa e, anzi, in tutto il mondo – un caos orribile!» Tuttavia, quanto a caos, gli Usa in questo momento non sembrano essere da meno.
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