“Nel mio quartiere, tra Campo de’ Fiori e Trastevere, passavo le ore a guardare il rigattiere, il vetraio, il calzolaio, l’alimentari, quel teatro aperto cittadino che oggi non esiste più”. Così, uno dopo l’altro, sono fioriti gli oltre cento personaggi portati in scena e ritratti dalla strada di Carlo Verdone. Adesso sono raccolti in UnoDieciCento Verdone, un volume fotografico con le immagini di Claudio Porcarelli. che mette in evidenza caratteri, smorfie e tic del mondo del regista e attore. Il libro, realizzato in collaborazione con Banco Bpm, è nato per celebrare i suoi 40 anni di carriera e sarà in vendita dal 2019.
“Con i miei personaggi penso di aver raccontato bene una megalomania e una mitomania, che nascondono una grande fragilità”, ha raccontato Verdone durante la presentazione del libro, ammettendo quanto oggi fare commedia sia più difficile: “La gente si apre meno, è incazzata col mondo, senti l’odio sociale. Al posto della critica c’è il turpiloquio, basta leggere i commenti sui social. Ma è un disagio reale, che va raccontato, con tatto e ironia”.
Il primo amore per lui resta il cinema: “In un film trovi un’anima”, mentre nelle serie “prevale il trionfo del male”. La preoccupazione di Verdone coincide con la testimonianza di un suo amico insegnante in un quartiere difficile di Roma, che gli ha confidato “che in un tema sui loro sogni per il futuro, un ragazzo gli ha scritto che voleva rifondare la Banda della Magliana, un altro usava frasi tipo riprendiamoci Roma.”
Intanto il cinema, tanto caro al regista, affronta la sfida Netflix, con cui Verdone non ha escluso di lavorare in futuro: “fa parte dell’evoluzione delle cose, non si può fermare. La sala cinematografica non so se rimarrà, forse dipenderà proprio da Netflix. Io spero non si perda, sarebbe un dolore, ha rappresentato il tempio dell’immagine e della condivisione”. Comunque, ha concluso Verdone, “il cinema italiano deve fare molto di più. Abbiamo fatto perdere al pubblico la curiosità, proponendo spesso brutti film”.