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L’Ue bacchetta l’Italia sulle unioni civili mentre il Parlamento prepara le “formazioni sociali specifiche”

di Nicola Maria Stacchietti09 Settembre 2015
09 Settembre 2015

MONICA CIRINNA' SENATRICE

Niente provvidenze pubbliche, pensioni di reversibilità e assegni familiari. Questa è la battaglia contro le unioni civili tra le coppie dello stesso sesso che sta sostenendo Area Popolare e Ncd con a capo l’immarcescibile Giovanardi e Maurizio Sacconi. Lo stesso che con Formigoni (sì, Formigoni!) scrisse e pubblicò nel gennaio del 2011 una lettera per sollecitare la comunità cattolica italiana a sospendere il giudizio morale su Berlusconi, allora travolto dai vari Rubygate. Ora si erge a paladino della famiglia tradizionale.
Tutto questo mentre, a due mesi dalla condanna della Corte europea dei diritti umani per il mancato riconoscimento legale da parte del nostro Paese delle coppie dello stesso sesso, arriva una nuova sollecitazione dal parlamento Ue al nostro governo: nove Stati membri, tra cui l’Italia, devono quanto prima “considerare la possibilità di offrire” alle coppie gay istituzioni giuridiche come “la coabitazione, le unioni di fatto registrate e il matrimonio”. E mentre il Parlamento Ue nel capitolo dedicato ai diritti delle persone LGTBQ, condanna “con la massima fermezza la discriminazione e la violenza” commesse contro questo gruppo di persone e chiede agli Stati di “sanzionare” le cariche pubbliche che “insultano o stigmatizzano” omosessuali e transessuali.
E così il sospirato ddl sulle unioni civili vaga in Parlamento dal 15 marzo 2015, tempestato di emendamenti (più di 1.500). La relatrice pd Monica Cirinnà sbuffa: “Ci siamo trovati di fronte a un muro dall’altra parte. Sono arrivati persino senatori di altre commissioni in sostituzione che hanno lavorato al solo scopo di farci votare appena undici emendamenti in un’intera mattinata”. Il primissimo emendamento a questo ddl proveniva proprio dal Partito Democratico, dalla sua costola cattolica, ansiosa di specificare le diversità con il matrimonio tradizionale: l’emendamento riconduce i diritti legati alle coppie dello stesso sesso all’articolo 2 della Costituzione slegandoli dall’articolo 29 che disciplina l’istituto del matrimonio. Di lì la triste definizione di “formazione sociale specifica”. Ora il ddl è fermo in commissione Giustizia. Ma la Cirinnà ha promesso: “Andremo in aula prima del 15 ottobre”.

Nicola Maria Stacchietti

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