MILANO – L’offerta di Unicredit “non riflette in alcun modo la redditività e l’ulteriore potenziale di creazione di valore per gli azionisti di Banco Bpm”. È il giudizio del cda di Bpm che ribadisce come l’offerta non sia stata sollecitata e ricorda che il valore potenziale di Piazza Meda “è ulteriormente rafforzato dalle operazioni straordinarie recentemente annunciate, che si aggiungono alle azioni già contenute nel piano industriale 2023-26 e che si tradurranno in un aggiornamento degli obiettivi del piano medesimo, già in parte anticipati al mercato”.
La replica del governo Meloni
L’annuncio del supermanager di Unicredit Orcel aveva colto molti di sorpresa. Il silenzio del mondo della politica è durato solo poche ore. Tra i primi, a commentare, Giancarlo Giorgetti, ministro dell’Economia e delle finanze nel governo Meloni. “L’operazione di Unicredit è stata comunicata ma non concordata col governo”, ha dichiarato. “Poi vedremo, come è noto esiste il golden power. Il governo farà le sue valutazione, valuterà attentamente quando Unicredit invierà la sua proposta per le autorizzazioni”. Il muro alzato, quei “golden power”, sono strumenti capaci di bloccare specifiche operazioni finanziarie che ricadono nell’interesse nazionale.
Il terzo polo bancario
E il governo ha tutti gli interessi affinché il matrimonio Unicredit-Bpm non si faccia. Solo qualche giorno fa l’ex Popolare di Milano si era mossa per acquistare una quota del Monte dei Paschi di Siena, croce e delizia del sistema bancario italiano. Proprio lì, dove il governo aveva investito attraverso il Tesoro comprando il 15% di Mps per creare il tanto – già – celebrato “terzo polo”. A entrare sulla questione anche Matteo Salvini. “Non vorrei”, ha commentato il vicepremier, “che qualcuno volesse fermare l’accordo Bpm-Mps per fare un favore a altri”. Gli altri sarebbero, nell’ottica del ministro, gli investitori Unicredit, per la maggiore non italiani.