Negli accampamenti dei profughi le organizzazioni si preoccupano per la disposizione di strutture scolastiche. Per i bambini rifugiati una tenda è importante quanto un libro o una lavagna.
Nonostante l’istruzione possa essere una via d’uscita dal tunnel dell’emarginazione, molti bambini in età scolare non hanno la possibilità di seguire le lezioni.
A dirlo è il rapporto dell’Unhcr “Stepping Up: Refugee Education in Crisis” secondo cui oltre 3,7 milioni di bambini rifugiati in tutto il mondo nel corso dell’ultimo anno scolastico non hanno avuto la possibilità di studiare. Una condizione però che mostra i suoi effetti negativi nel lungo termine perché, secondo il report dell’agenzia delle Nazioni Unite, un bambino rifugiato rischia la vita e diventa facile preda di sfruttatori, criminali e scafisti.
I dati dell’Unhcr sono preoccupanti: solo il 63% dei rifugiati frequenta la scuola elementare, rispetto al 91% su scala globale, mentre gli iscritti alla scuola secondaria sono il 24%, a fronte dell’84% nel mondo. Ma investendo sulla costruzione delle scuole e sulla formazione degli insegnanti, i tassi di povertà si ridurrebbero del 55% e il reddito aumenterebbe del 75%.
Un vantaggio che si riconoscerebbe principalmente per le bambine, sempre più impegnate a occuparsi della casa. L’Unchr afferma che se tutte le studentesse completassero la scuola primaria, i matrimoni precoci si ridurrebbero del 14%. Una percentuale che sale al 64% se portassero a termine la scuola secondaria, con un calo del 59% in meno di gravidanze per le minorenni. E ancora, se tutte le giovani completassero la scuola primaria, la mortalità materna si ridurrebbe del 70%.
Per questo, l’agenzia internazionale ha lanciato una campagna di donazioni, chiamata “Mettiamocelo in testa”, con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza decisiva dell’istruzione per il futuro di milioni di bambini rifugiati e di garantire loro accesso ad un’istruzione di qualità.