Una giornata per dare un calcio alla mafia, per ricordare le sue tante, troppe, vittime innocenti; per rinnovare l’impegno della società civile contro la criminalità organizzata e, da quest’anno, la presenza ancora più forte dello Stato in prima linea. Il Parlamento ha infatti approvato definitivamente la legge che istituisce, per il 21 marzo, la “Giornata nazionale della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie”. Come prevede il testo, approvato all’unanimità, possono essere organizzate «manifestazioni pubbliche, cerimonie, incontri, momenti comuni di ricordo».
In realtà la nuova legge recepisce l’impegno ultradecennale di associazioni come Libera, che già dal 1996, ogni anno in una città diversa della Penisola, organizza nel primo giorno di primavera la marcia in ricordo delle vittime innocenti. Una manifestazione che quest’anno assume un significato ancora più importante perché – quella che sarà la ventiduesima edizione – si svolgerà nella città calabrese di Locri, storicamente al centro di episodi di violenza e crimini malavitosi.
La nuova legge è «un riconoscimento importante e sottolinea l’impegno in questi anni», ha affermato a Lumsanews Daniela Marcone, vicepresidente di Libera e responsabile del coordinamento dei familiari delle vittime innocenti. «Da un anno all’altro la giornata del 21 marzo segna questo percorso di memoria e lo studio delle storie che ci vengono segnalate dai vari territori. Queste storie – spiega la figlia di Francesco Marcone, direttore dell’Ufficio del Registro di Foggia, assassinato nel marzo del ’95 – vengono approfondite e poi l’eventuale nome che viene segnalato, qualora ci sia la connessione con la matrice mafiosa e soprattutto si tratti di una vittima innocente, viene inserito nell’elenco» di oltre novecento nomi che viene letto durante la manifestazione. «Non si tratta di una semplice celebrazione, ma di un rinnovo del patto di impegno che noi facciamo con la comunità e con le istituzioni».
E un grande segnale istituzionale è arrivato direttamente dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella che si recherà a Locri il 19 marzo, pochi giorni prima della manifestazione, per incontrare i familiari delle vittime della mafia che arriveranno da tutta la nazione. La lotta alla criminalità organizzata non può infatti fare a meno dell’impegno e del supporto delle istituzioni e dello Stato, a tutti i livelli, come ha sottolineato anche il Sindaco di Locri, Giovanni Calabrese.
Sempre secondo Daniela Marcone «è necessario applicare le normative già esistenti e renderle più omogenee». Libera in particolare porta avanti da anni attività incentrate su una corretta informazione del problema, su percorsi di formazione nelle scuole, ma soprattutto, come ha evidenziato la Marcone, sulle normative «contro la corruzione, sui testimoni di giustizia e sulla gestione e il riutilizzo sociale dei beni confiscati ai mafiosi».
Il tema della giornata, “Luoghi di speranza, testimoni di bellezza”, per il vescovo di Locri monsignor Francesco Oliva «esprime la volontà di cogliere il volto bello di questa terra e le sue positività come anche il suo bisogno di crescita e sviluppo». L’evento sarà sostenuto anche dalla Conferenza episcopale calabra che, come ha spiegato il vescovo, dopo la visita di papa Francesco a Cassano allo Ionio nel giugno del 2014 e la sua scomunica ai mafiosi, ha assunto una posizione sempre più decisa contro ogni forma di associazione criminale, perché «la ‘ndrangheta è l’antivangelo».
A ricordare il decennale impegno della Chiesa, e di molti magistrati e sacerdoti come don Luigi Ciotti, anche l’attuale arcivescovo di Campobasso-Boiano Giancarlo Maria Bregantini, intervistato da Lumsanews. Fu proprio l’ex vescovo di Locri-Gerace che, nel marzo del 2006, scomunicò per primo la mafia creando grande scalpore a livello nazionale e che, l’anno seguente, diventò un simbolo dell’antimafia con le sue dure prese di posizione, in particolare dopo la strage di Duisburg.
Bregantini ha voluto ricordare il cammino dell’antimafia: «Ci sono state fasi in cui si tendeva addirittura a nascondere il fenomeno; fasi in cui ci si nascondeva per paura; fasi in cui si è usciti allo scoperto e infine fasi di lotta aperta e finalmente consapevole» della vera portata del problema. Un problema ormai diffuso che tocca tutta la Penisola, «tanto i paesi interni della Calabria quanto le periferie di Milano, arrivando addirittura all’estero come in Australia». Secondo Bregantini «bisogna quindi agire in senso globale a tutti i livelli, che sono molteplici. La magistratura per esempio – ha spiegato l’arcivescovo – deve essere sempre all’altezza, senza esagerare, deve fare la sua parte sapendo però che le altre parti non sono meno importanti». Infatti, «non è la magistratura che fa la guerra alla mafia, ma la società, attraverso la scuola, la chiesa, la politica». L’appello è dunque quello di ricordare che «non è un solo settore che lotta, ma si combatte tutti insieme. È chiaro allora – ha concluso, ricordando il suo libro “Non possiamo tacere” – che la risposta finale è che il gusto del bello è la miglior forma di antimafia».