Guerra di sanzioni tra la Cina e l’Unione Europea. Dopo il massacro di piazza Tienanmen nel 1989, l’Ue adotta nuove sanzioni nei confronti della Cina per violazione dei diritti umani. Si tratta di provvedimenti imposti contro quattro alti funzionari cinesi e un’organizzazione dello Xinjiang, la provincia nord occidentale dove è in corso una repressione nei confronti della minoranza uigura, di religione musulmana.
Secondo numerose indagini, nella regione sono state rinchiuse un milione di persone in campi di indottrinamento e lavoro forzato. Pechino ha replicato che si tratta di “rieducazione preventiva attraverso lo studio e il lavoro di soggetti esposti all’estremismo”. A seguito delle sanzioni, i quattro dirigenti cinesi non potranno entrare nel territorio europeo e subiranno un congelamento dei beni posseduti all’estero, mentre la “Xinjiang Production and Construction Corps” verrà sottoposta ad embargo. Alle misure di Bruxelles hanno aderito Gran Bretagna, Canada e Stati Uniti.
Il governo cinese ha subito reagito inserendo nella lista nera dieci eurodeputati, tra cui Reinhard Butikofer, il capo della delegazione dell’Europarlamento per la Cina. Il viceministro degli Esteri cinese Qin Gang ha anche convocato l’ambasciatore Ue, Nicolas Chapuis, per presentare una protesta solenne contro le sanzioni. Il funzionario europeo è stato informato sulle contromisure adottate da Pechino, esortando l’Unione europea a “correggere gli errori prima che un maggiore danno sia arrecato alle relazioni bilaterali”.
Anche il ministro degli Esteri Wang Yi è intervenuto in conferenza stampa con l’omologo russo Sergei Lavrov, sottolineando che più di 80 Paesi hanno sostenuto la posizione della Cina al Consiglio dei diritti umani dell’Onu. In riferimento alle forze occidentali, ha dichiarato che “l’era dell’interferenza nei nostri affari interni è finita”.