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Il nuovo volto del paese che gli europei non conoscono

Ue: candidatura Turchia, ‘eppur si muove’
Il nuovo volto del paese che gli europei non conoscono

di Sara Stefanini08 Aprile 2013
08 Aprile 2013

“La Turchia non può scrivere la storia senza l’Ue e l’Ue non potrà scrivere la sua storia senza la Turchia”. Sono le parole dell’ambasciatore turco in Italia, Hakki Akil che è intervenuto questa mattina durante il forum “Quo vadis Turkey in Europe” organizzato dall’Istituto Affari Internazionali e dall’ambasciata turca in Italia.

Turchia sì, Turchia no. Continua l’eterno dibattito sull’entrata in Ue del paese musulmano. Intanto, la candidatura è ferma nel cassetto europeo dal 14 aprile 1987, quando il paese era governato da Turgut Özal, due volte primo ministro e ottavo presidente della Repubblica turca dal 1989 al 1993. Non sono pochi i motivi che frenano l’apertura alla Turchia. Tra questi, oltre alla religione islamica, emerge l’insufficienza della salvaguardia dei diritti umani, il coinvolgimento turco a Cipro, la repressione militare della minoranza curda e il genocidio armeno. Fardelli del passato troppo pesanti per essere dimenticati. Il motivo della corrente scettica da parte dei paesi europei sta nel fatto che “non conoscono la nuova Turchia”, afferma l’ambasciatore Akil. Sarà presto “un punto fondamentale – aggiunge – tra Balcani, Medio Oriente e Asia e perno per gli investitori europei”.  Ma il paese ce la sta mettendo tutta e dal 2005, anno in cui sono cominciati ufficialmente i negoziati, non ha smesso di attuare riforme per raggiungere i criteri di adesione. “Poi i cittadini turchi decideranno con un referendum se entrare o no nell’Ue”, precisa l’ambasciatore Hakki Akil. Ma intanto, ci sono voluti ben 18 anni per riconoscere la candidatura. “In questi anni – spiega Selim Yenel, ambasciatore turco in Ue – ci sono state strette relazioni finanziarie e educative con l’Europa pur non facendone parte, il mio auspicio è quello di migliorare e andare avanti”. I progressi ci sono, tanto che la Turchia viene sempre più spesso associata agli emergenti Bric. Il tasso medio di crescita tra il 2002 e il 2011 è stato pari al 5,2% e nel 2006 l’economia turca ha avuto un balzo del 6%.

Per l’Italia è sì politico. L’Italia è da sempre convinta sostenitrice della Turchia, ma “non pensate che 15 milioni di italiani non vedono l’ora che la Turchia entri nell’Ue, la propensione è più politica che altro”, spiega il deputato europeo Lapo Pistelli. La Turchia “è un paese giovane, popoloso, ha relazioni con Asia e Medio Oriente, ha un’economia in crescita e queste sono tutte buone ragioni per pensare che l’adesione possa essere reciprocamente utile”. Le stesse ragioni però, “possono diventare un incubo, quindi è una valutazione soggettiva”. In sostanza, Pistelli vuole riaprire i negoziati il prima possibile e “si potrebbe far vedere alla gente che la Turchia può essere vista sotto un’altra prospettiva”.

La Francia prudente. Linea opposta per la Francia e Marc Semo, giornalista di Liberation, ricorda che l’arrivo del presidente Hollande ha creato una sorta di disgelo di Parigi nei confronti di Ankara. Certo è che “Hollande è molto prudente su tutto e anche sulle relazioni con la Turchia” e non c’è da aspettarsi nessuna svolta. “Non a caso non ha ancora dato un’intervista a media turchi, si rifiuta”, perché “teme le domande” e la richiesta di prendere una posizione. Segnali positivi, continua il giornalista, sono arrivati a febbraio quando il ministro degli Esteri, Laurent Fabius, ha detto al suo omologo turco, Ahmet Davutoglu, che la Francia è favorevole per un rilancio dei negoziati. Insomma, Hollande non sembra prendere posizione, anche perché da una parte non dimentica il suo predecessore Sarkozy che era nettamente contrario all’ingresso della Turchia, tanto che nel 2007 pose il veto all’apertura di nuovi negoziati. Dall’altra parte, c’è la comunità armena che lo frena nel cambiare linea, per non dimenticare il genocidio armeno. Adesso si attende solo un incontro ufficiale di Hollande in Turchia, promesso ma non ancora fissato. E pensare che l’ultimo risale al 1992 quando all’Eliseo c’era un altro Francois, Mitterand.

È anche vero che il punto centrale dell’Europa non sarebbe più la Francia con la Germania, ma verrebbe spostato tutto più a est. In più, continua Marc Semo, “il 70% dei francesi sarebbe favolevole all’ingresso del Marocco ma non della Turchia, quindi il problema non è la religione islamica, ma la mentalità che va cambiata col tempo”.

La Germania diffidente. Per Michael Thumann, giornalista del Die Zeit, “ancora non ci siamo ma credo che le cose miglioreranno”. Il problema per la Germania non è ideologico, ma si tratta di una questione di politica interna tedesca. Angela Merkel non è contraria a prescindere e la cancelliera ha ultimamente aperto al rilancio dei negoziati. Thuman ironizza: “Merkel e Erdogan hanno caratteri diversi e non si sopportano ma sono entrambi pragmatici e pronti a cambiare linea se conviene. E converrebbe dato che la Turchia, dal punto di vista commerciale promette bene. E la posizione della Germania, oltretutto, può fare la differenza. In più, siamo in campagna elettorale e se al prossimo governo salissero i socialdemocratici le carte in tavola cambierebbero.

Sara Stefanini

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