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Ucraina: lo spettro della secessione dopo la caduta di Yanukovich

di Nicola Maria Stacchietti24 Febbraio 2014
24 Febbraio 2014
Yanukovic
“L’integrità territoriale dell’Ucraina è a rischio”. Si chiude così il documento diramato dall’assemblea dei governatori delle regioni dell’est dell’Ucraina, riunitisi attorno a Yanukovich a Kharkov, quartier generale dell’ultima campagna elettorale dell’ex premier destituito, dove si parla russo e dove è si era rifugiato fino a qualche giorno fa. Proprio stamane infatti, l’ex presidente sarebbe stato arrestato a Sebastopoli, in Crimea (lo riferisce sulla sua pagina Facebook il deputato ucraino dell’opposizione Volodymyr Kurennoy). In Crimea, dove si trovava per riunire le forze filorusse e secessioniste; e proprio a Sebastopoli dove ha sede la flotta della Russia nel Mar Nero.
Negli ultimi giorni Yanukovich aveva parlato di “colpo di stato” e di illegittimità delle decisioni prese dal Parlamento che aveva nominato Arsen Avakov (ex sindaco di Kiev) ministro degli interni “d’emergenza” e deciso il termine ultimo di 10 giorni per l’istituzione di un governo di “salute pubblica”. Ma soprattutto il Verchovna Rada aveva dichiarato Yanukovich “ufficialmente ricercato dalla Polizia di Stato per strage”, con un mandato di cattura internazionale.
Gli equilibri europei vacillano: si vocifera di una telefonata Merkel-Tymoschenko, nella quale il cancelliere si sarebbe sincerata della salute “dell’unità nazionale dell’Ucraina” (ma anche della schiena acciaccata della “pasionaria” della Rivoluzione Arancione, sabato in Piazza Indipendenza sulla sedia a rotelle); sempre al telefono il diktat del Segretario di Stato USA Jonh Kerry secondo cui “gli Usa si attendono che si rispettino la sovranità, l’integrità territoriale e la libertà democratica di ogni nazione”. Tutto questo mentre Mikhail Zovrabv, ambasciatore russo a Kiev veniva richiamato a Mosca “per consultazioni”.
Dal punto di vista economico invece, l’Europa esprime vicinanza con le rassicurazioni di Christine Lagard, direttore del Fondo Monetario Internazionale, riguardo gli aiuti economici e politici dall’FMI, e dalle istituzioni europee in generale. Ma la somma sarebbe esigua, due miliardi subito per il Verchovna Rada. Poco rispetto alle promesse di Putin a Yanukovich, 15 miliardi di dollari, la riduzione del prezzo del gas e l’acquisto di una parte ingente del debito pubblico che è alle stelle. I famosi sacrifici delle politiche europee verrebbero a quel punto richiesti anche a Kiev.
La situazione traballa anche dal punto di vista politico: in Parlamento Oleksandr Turcinov nominato nuovo Presidente ad interim (secondo la Costituzione ucraina i poteri in assenza del Capo dello Stato passano nelle mani del presidente del Parlamento). Per lui appena 285 voti su 450, mentre l’abrogazione delle leggi che rendevano il russo lingua ufficiale in molte zone del paese passa con appena sei voti oltre quelli necessari.
Tutto questo mentre le manifestazioni di Piazza Maidan vengono replicate in tutta Italia: si era mobilitata prima la comunità di residenti di provenienza ucraina di Venezia nei giorni scorsi, ieri anche a Roma un corteo con lo slogan “I nostri caduti sono eroi”, con pullman che arrivavano da tutto il paese.
Nicola Maria Stacchietti

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