“La Russia non ha intenzione di attaccare l’Ucraina e non nutre piani aggressivi nei suoi confronti, ma è profondamente preoccupata dalle azioni ucraine sulla linea del fronte nel Donbass e dai suoi preparativi per l’uso della forza”. Con queste parole di Dmitry Peskov, portavoce del Cremlino, continuano le tensioni tra Russia e Ucraina.
Nelle ultime settimane la decisione della Russia di ammassare decine di migliaia di soldati vicino al confine ucraino ha provocato, come nello scorso aprile, timori sulla possibilità di un’invasione dell’Ucraina o della sua parte orientale. Secondo il governo di Kiev, circa 114mila soldati (92mila a terra e il resto impegnati in mezzi aerei e in mare) sono stanziati a nord, est e sud del Donbass, regione a est dell’Ucraina e al confine con la Russia in cui si trovano le repubbliche autoproclamate di Donetsk e Luhansk.
Rispetto allo scorso aprile le preoccupazioni sono aumentate. Come ha raccontato il New York Times, l’intelligence statunitense ora ritiene che la possibilità di un’invasione sia concreta. Maggiori speculazioni le ha offerte Bloomberg, che parla di un’invasione di terra da più punti, sostenuta dall’aeronautica. Secondo il Financial Times poi, la preoccupazione sulla possibilità di un’invasione è la più alta dal 2014. In quell’anno la Russia ha invaso e annesso la Crimea, la penisola a sud-est dell’Ucraina.
La questione Ucraina è stata al centro anche del colloquio telefonico di ieri tra Mario Draghi e Vladimir Putin. Il premier ha ricordato al presidente russo che l’Italia e l’Europa si aspettano un atteggiamento responsabile da parte della Russia sul dossier ucraino. Putin ha però risposto che la responsabilità delle tensioni crescenti al confine con l’Ucraina è degli Stati Uniti. Secondo i russi, Kiev si sta armando con l’aiuto di altri paesi, tra cui la Turchia. Ankara, con il beneplacito di Washington, starebbe rendendo più instabili le zone del Donbass, in aperta violazione degli accordi di Minsk.