Il corrispondente del giornale tedesco Die Welt Deniz Yucel è stato ieri formalmente arrestato dopo un interrogatorio durato diverse ore. Nei mesi scorsi era stato aperto un fascicolo a suo carico con l’accusa “di essere membro di un’organizzazione sovversiva, di uso improprio di dati, e di propaganda a favore di un’organizzazione terroristica”.
Il tribunale ha ora formalizzato l’incriminazione: avere pubblicato notizie e approfondimenti sull’inchiesta contro un gruppo di hacker turchi (RedHack) nel mirino delle autorità, e avere svelato le mail appartenenti al ministro dell’Energia, Berat Albayrak (marito della figlia del Presidente Recep Tayyip Erdogan), nel quale si parlava di misure sui media.
Secondo Die Welt, alcune delle e-mail, visibili da dicembre su Wikileaks, riguardavano il controllo sui gruppi editoriali turchi e l’influenza sull’opinione pubblica tramite il ricorso a utenti fake su Twitter.
Il reporter si era presentato volontariamente alle autorità dopo aver appreso di essere ricercato e per chiarire la propria posizione. Il fermo poteva durare fino a 14 giorni ed essere commutato in detenzione dopo la formulazione di accuse precise, oppure poteva portare alla liberazione dell’indagato. Lo stallo si è protratto fino a ieri a causa dello stato d’emergenza proclamato, e poi rinnovato, dopo il tentato golpe del 15 luglio scorso, fallito e costato la vita a quasi 300 persone.
Negli ultimi anni il reporter si è costruito la fama di cronista informato e puntuale sulla situazione in Turchia. Non è un caso che il giornalista dal doppio passaporto turco e tedesco sia considerato una spina nel fianco delle autorità.
“E’ una decisione amara e deludente” ha commentato la cancelliera Angela Merkel a Berlino. Le ha fatto eco il ministro degli Esteri tedesco Sigmar Gabriel: “Si tratta di una decisione troppo dura e per questo inadeguata”.
Preoccupazione e ansia fra i suoi colleghi di molti giornali e piattaforme online, che conoscono bene il suo lavoro. Ma il clima di paura che regna ultimamente nelle redazioni, e l’impossibilità di convocare assemblee o cortei durante lo stato d’emergenza vigente, impediscono l’organizzazione di proteste.