Scontri, sassaiole, saccheggi e lacrimogeni. A sette anni dalla “Rivoluzione dei Gelsomini”, che comportò la fuga dell’autocrate Ben Ali, la Tunisia ripiomba nel caos. Nell’unico Paese nel quale la Primavera Araba sembrava aver trovato pieno compimento, i giovani riscendono in piazza per protestare violentemente contro il carovita, la marginalizzazione e le misure di austerità varate dal governo, le quali comprendono un aumento delle tasse su beni di largo consumo.
Per la terza notte consecutiva si sono verificati disordini e violenze tra giovani e forze dell’ordine, nel corso di manifestazioni che non sembrano avere più carattere pacifico. A Thala, città ad ovest appartenente al governatorato di Kasserine, è stata data alle fiamme la caserma della polizia, con l’esercito che si è visto costretto a prendere in mano il controllo della città. I media locali hanno riferito della presenza di numerosi presunti terroristi tra i facinorosi, oltre che di movimenti sospetti nei pressi del confine libico. Altre fonti invece indicano che tra gli arrestati ci sarebbero una trentina di estremisti islamici. Il premier tunisino, Youssef Chahed, ha indicato reti criminali di corrotti e contrabbandieri come responsabili dei disordini. Questi agirebbero nell’interesse di alcune parti politiche avverse al governo, come ad esempio il Fronte Popolare, formazione di sinistra che si oppone all’esecutivo.
In mattinata il portavoce del ministero dell’Interno di Tunisi, Khalifa Chibani, ha riferito che finora si registrano 328 persone arrestate, oltre che 21 agenti di polizia feriti e 10 autoveicoli delle forze dell’ordine danneggiati. Tuttavia si evidenza una significativa diminuzione dell’intensità dei disordini rispetto a quelli precedenti. I capi di imputazione a carico dei manifestanti sono vari: si va dal furto alla devastazione e saccheggio di beni pubblici.