In sedici anni, dal 2003 al 2019, il numero di morti per tumori in Italia è aumentato di 12.750 unità. Una costante crescita che si registra in tutte le regioni e che si arresta solo nel 2020, il primo anno di Covid, durante il quale sono aumentati i decessi per altre cause. L’andamento è destinato a crescere e porterà il nostro Paese ad avere una “popolazione di malati di cancro”, come spiega Mario Fusco, direttore del Registro tumori della Campania.
Nonostante la chiarezza di questa tendenza, tuttavia, non sono aumentati adeguatamente i medici oncologi nel Paese. Uno squilibrio che in futuro potrebbe portare al collasso il sistema di cura.
Secondo le stime contenute nella ricerca “I numeri del cancro in Italia 2023”, nello scorso anno sono stati diagnosticati 395 mila nuovi casi di tumore. Il documento viene elaborato annualmente da Aiom (Associazione Italiana di oncologia medica), Airtum (Associazione italiana registri tumori), Osservatorio Nazionale Screening (Ons), Passi, Progressi delle aziende sanitarie per la salute in Italia, Passi d’Argento e della Società italiana di anatomia patologica e di citologia diagnostica (Siapec-Iap). Nei prossimi due decenni, il numero annuo di nuove diagnosi oncologiche in Italia aumenterà in media dell’1,3% per gli uomini e dello 0,6% per le donne. Gli esperti hanno lanciato l’allarme. Un aumento dovuto anche alla mancanza di screening nel periodo della pandemia.
Circa il 30% dei decessi nella popolazione italiana tra il 2005 e il 2009 è dovuto a un tumore. Più di una persona su 4. Una percentuale che crolla invece al 24% nel 2020. Un crollo non dovuto non tanto a una diminuzione delle vittime di tumori ma all’aumento delle morti per altre cause (come il Covid).
Questo aumento di decessi è dovuto a una crescita esponenziale dei malati. Il progresso scientifico ha abbassato il tasso di mortalità del tumore (ossia il numero dei morti di tumore sul numero dei malati). A dimostrarlo è anche un gruppo internazionale di ricercatori, guidati da Carlo La Vecchia, docente di Epidemiologia all’Università Statale di Milano, che stima un calo del 6,5% nei tassi di mortalità per tumore negli uomini e del 3,7% nelle donne tra il 2018 e il 2023.
La Sanità italiana sarà in grado di gestire e curare tutti questi pazienti oncologici? C’è un numero sufficiente di medici specializzati?
Secondo i dati dell’Istat il numero degli oncologi in Italia è aumentato di 252 unità dal 2013 al 2019, per poi però diminuire nel 2020. Giulia.
A causa dell’organizzazione regionale della Sanità, gli oncologi non sono distribuiti in maniera uniforme sul territorio nazionale. Si passa da 0,37 ogni 10mila abitanti del Trentino Alto Adige a 1,4 del Friuli Venezia
La diminuzione degli specialisti la si può osservare anche tra i banchi universitari. “A partire dallo scorso anno nelle scuole di specializzazione molti posti sono rimasti vuoti. Questa crisi si inquadra in una generale diminuzione di attrattività del settore sanitario che inizia a coinvolgere anche l’oncologia”, spiega Francesco Perrone presidente di Aiom. “I numeri di oggi rappresentano il problema di domani”. Curare un paziente oncologico “non significa solo fare una diagnosi e somministrare dei trattamenti, ma significa prenderlo in cura in maniera più ampia” aggiunge il presidente. “Parliamo di malattie con un impatto emotivo sia sul malato che sulla famiglia. Tutto questo richiede tempo e disponibilità, e noi andiamo nella direzione opposta”. Se ci saranno sempre meno dottori a farsi carico di sempre più malati, la qualità delle cure diminuirà inevitabilmente.
Per Mauro Biffoni, direttore del Dipartimento di oncologia e medicina molecolare dell’Iss, “non è detto che questi numeri siano insufficienti”, ma “è più importante capire quanto le strutture sono in grado di soddisfare i bisogni dei pazienti”. Biffoni sottolinea come “nei vari convegni di medicina non viene mai citata la carenza di servizi tra gli oncologi, né ho mai sentito le associazioni di categoria lamentarsene”. Per Biffoni la scarsa presenza di oncologi in regioni quali la Calabria e Basilicata (dove si trovano rispettivamente 0,64 e 0,55 oncologi ogni 10mila abitanti), dipende in parte da una fortissima migrazione dei pazienti verso nord, dove ci sono più strutture specializzate”. I cosiddetti “viaggi della speranza”.
Viaggi che per Perrone sono in parte “funzione della strategia delle regioni che hanno un elevato sviluppo della sanità privata”. Queste regioni ne hanno un “beneficio economico che aumenterebbe qualora dovessimo andare verso l’autonomia differenziata”.
Dove si muore di più
La regione con più morti di tumore è la Liguria. In generale il centro nord ha una un numero di morti più alto del sud. “La prima causa di cancro è un fattore buono, ossia l’aumento dell’età media della popolazione, poiché il cancro è una patologia dell’età avanzata. I numeri della Liguria sono in parte spiegati da una popolazione più anziana”, commenta Mario Fusco, direttore del Registro tumori della Campania. I fattori di rischio aumentano all’aumentare dell’età. Le persone continueranno ad ammalarsi, e l’incidenza aumenterà.
Il grafico potrebbe quindi trarre in inganno facendo pensare che si corrono più rischi in Liguria che in Calabria. Per spiegare questa discrepanza è necessario pensare a diverse variabili, tra le quali una difformità nella raccolta dei dati a livello regionale che porta a risultati diversi. “In alcuni Paesi in via di sviluppo abbiamo visto che l’incidenza di alcuni tumori è molto bassa. Questo però non significa che in quei Paesi non ci siano tumori, ma banalmente potrebbe dipendere dalla mancanza di strumenti di diagnosi”, spiega a Lumsanews Valentina Silvestri, ricercatrice al dipartimento di Medicina molecolare dell’Università Sapienza di Roma.
Il nodo rimane però sempre la regionalità del sistema sanitario. I dati non vengono riportati uniformemente in tutte le regioni, potremmo quindi arrivare al paradosso secondo il quale dove la Sanità funziona meglio si registra un picco di mortalità.
Quello che manca ancora una volta nella sanità italiana sono investimenti e personale, elementi necessari per lo sviluppo di una rete di screening oncologici. Una macchina organizzativa complessa ma che permette di salvare tante vite. Nei casi oncologici il tempo è una componente essenziale, ed è quindi necessario agire il prima possibile. A fronte di un aumento dell’età media della popolazione, il sistema sanitario italiano ormai ridotto all’osso rischia il collasso.