Le polemiche riguardano sempre lui, Alexis Tsipras, il premier greco che, dopo una settimana di braccio di ferro con la troika europea, ha finalmente firmato il piano di aiuti previsto dalla Commissione. Un piano che prevede una proroga dei prestiti al governo greco per altri quattro mesi, lotta all’evasione, ma anche una discussa tassa patrimoniale, per un’operazione che ammonta a circa sette miliardi di euro.
La stampa italiana sembra soffrire di divisioni soprattutto di approccio sull’argomento. Il Giornale parla apertamente di marcia indietro del leader di Syriza. “Altro che rivoluzione, Tsipras si rimangia tutto: e arriva la patrimoniale”, titola, nel suo articolo dedicato, il quotidiano diretto da Alessandro Sallusti. Niente più misure per le fasce deboli (come la sanità gratuita), niente salario minimo portato a 700 euro, solo l’esclusione dal pignoramento per il mancato pagamento della tassa sugli immobili greca.
Il Messaggero parte in modo decisamente più blando. L’editoriale di Giulio Sappelli è intitolato “Il merito greco di aver incrinato la dittatura dell’austerity”. Salvo poi, nel pezzo in prima pagina di David Carretta, riconoscere le ferme opposizioni dell’ala estremista di Syriza, contraria all’accordo con l’Eurogruppo, definito dall’economista Kostav Lapavitsas “ben diverso dal programma della sinistra greca esposto a Salonicco l’anno scorso, che prevedeva un piano di ricostruzione nazionale”.
Abbastanza neutra la prima pagina online di Repubblica.it: quasi un elenco delle voci in campo sulla questione greca. La prima notizia è sulla consegna, da parte del governo greco, della lettera di riforme alla Commissione: uno slittamento annunciato, interpretato come una presa di tempo da parte di Tsipras e i suoi. E l’articolo principale sottolinea un fatto importante: dei sette miliardi previsti dall’esecutivo, di ufficiale non c’è ancora nulla, al momento è solo teoria. Anche Repubblica non può fare a meno di notare che l’accordo, in qualche modo, penalizzi Tsipras e il suo gruppo agli occhi degli elettori: “L’ambizioso piano rischia, però, di aprire un delicato fronte interno al partito”, si legge, rimandando inevitabilmente alle parole di Lapavitsas e degli altri dissidenti. Il Corriere della Sera segue la stessa linea di neutralità, titolando dell’invio del piano greco e della risposta soddisfacente data da Bruxelles che lo definisce un “Buon punto di partenza”. Toni molto simili quelli del Fatto Quotidiano.
Ancora su Repubblica, qualcuno dipinge anche, in modo più schierato, Tsipras come un possibile paladino della giustizia sociale, riportando la notizia secondo la quale potrebbero essere toccati gli interessi degli armatori Onassis, difesi addirittura dalla costituzione greca che non consente balzelli verso i proprietari di navi sui profitti generati all’estero: che non sarebbero spiccioli, visto che si parla di 140 miliardi di utili dal 2000 al 2010.
Ciò che emerge, in sostanza, è la certezza che in qualche modo l’idillio di Tsipras e i suoi elettori sia finito. Così come con quelli che, in modo più o meno tacito, lo hanno sempre appoggiato che tra chi lo ha sempre osteggiato tra la stampa e partiti esteri: le sue dichiarazioni forti, i programmi di aperta opposizione alla troika, poi il braccio di ferro e infine l’accordo. Forse è il caso di chiedersi se ci si potesse attendere qualcosa di diverso, in un sistema economico estremamente “legato” come quello occidentale, senza concentrarsi sulla sola Unione Europea.
Stelio Fergola