WASHINGTON – L’odissea dei dazi di Donald Trump contro Canada e Messico sembra placarsi. Almeno per il momento. Dopo una telefonata avvenuta prima con la presidente messicana Claudia Sheinbaum, poi con il premier canadese dimissionario Justin Trudeau, il presidente americano ha annunciato la sospensione per un mese delle tasse sulle importazioni originariamente fissate al 25% per entrambi i Paesi.
A rendere noto l’accordo per prima è stata la presidente del Messico, che in un post su X ha sottolineato che dispiegherà 10mila soldati per evitare il flusso di migranti al confine con gli Stati Uniti. Anche Trudeau è intervenuto sullo stesso social chiarendo che “Ottawa sta implementando il suo piano al confine da 1,3 miliardi di dollari, rafforzando la frontiera. Circa 10mila persone stanno lavorando e lavoreranno per proteggere il confine”. Il Canada, inoltre, vorrebbe nominare uno “zar del fentanyl e definire i cartelli come terroristi”.
L’ombra dei dazi, però, non smette di seguire l’Unione europea. Mentre Trump continua a ripetere che le tasse contro il Vecchio continente arriveranno “presto”, la presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen afferma: “Se colpita, l’Ue risponderà”. E parlando alla conferenza degli ambasciatori comunitari aggiunge: “Saremo pronti a negoziati difficili e a trovare soluzioni dove possibile, risolvere controversie e gettare le basi per un partenariato più forte” con gli Stati Uniti. Il messaggio è chiaro: “Tuteleremo sempre i nostri interessi in qualsiasi modo e in qualsiasi momento, come e quando sarà necessario”.
C’è però una voce fuori dal coro ed è quella del premier britannico Keir Starmer. Secondo le rivelazioni del Times, Starmer avrebbe affermato che il suo governo non ha intenzione di sostenere l’Ue su eventuali ritorsioni commerciali in risposta ai dazi evocati dal presidente americano. Ciò per mantenere solida la “tradizionale relazione speciale tra Regno Unito e Usa”. Le stesse ritorsioni, peraltro, sono state già minacciate dal capo di Stato francese Emmanuel Macron e dal cancelliere tedesco Olaf Scholz.
Nel frattempo, Trump insiste: “Chi è anti-dazi lavora per la Cina”. Il Dragone ha risposto alle tasse del 10% su tutte le importazioni made in China presentando un reclamo all’Organizzazione mondiale del commercio e varando un pacchetto di misure che prendono di mira il carbone e il gas naturale liquefatto con aliquote del 15%, più un’ulteriore tariffa del 10% su petrolio, attrezzature agricole e alcune automobili. Sempre Pechino, inoltre, ha deciso di avviare un’indagine su Google sospettata di “aver violato le leggi anti-monopolio cinesi”. Una mossa che ha più una portata simbolica che effettiva, dal momento che le attività del colosso statunitense sono bandite dalla Cina.
Ad animare le cronache delle ultime ore non c’è solo l’ipotesi di una guerra commerciale, ma anche l’immigrazione. Il presidente di El Salvador Nayib Bukele, infatti, ha anticipato che chiuderà con il segretario di Stato Usa Marco Rubio un accordo “senza precedenti” per accogliere i carcerati americani nelle proprie prigioni.