“Shithole countries”. Lo sprezzante commento – l’ennesimo – del presidente americano Trump contro immigrati e rifugiati sarebbe stato pronunciato nello Studio Ovale e suona abbastanza chiaro anche a chi ha poca familiarità con la lingua inglese.
L’ex tycoon si sarebbe infatti espresso davanti ad alcuni membri del Congresso durante un incontro alla Casa Bianca per sciogliere il nodo dei dreamers, che gli chiedevano di riconsiderare la decisione di togliere lo status di protezione a migliaia di immigrati provenienti da Haiti, El Salvador e da alcuni Paesi africani.
“Perché gli Stati Uniti dovrebbero avere tutta questa gente che arriva da questo buco di culo di Paesi?” ha replicato il presidente Usa. Shithole countries, per appunto. Aggiungendo peraltro che “gli Usa dovrebbero attirare più immigrati da paesi come la Norvegia”.
Va detto che durante l’incontro il senatore repubblicano Lindsay Graham e quello democratico Richard Durbin avevano proposto un taglio dei visti d’ingresso per gli stranieri del 50% , continuando a tutelare gli immigrati già residenti sul suolo americano in virtù dello status di protezione già concesso. Perfino loro, secondo le indiscrezioni, sarebbero rimasti ammutoliti.
Anche perché quello status viene accordato in quanto costretti a lasciare i loro Paesi di origine per sfuggire alle conseguenze di catastrofi come i terremoti che negli anni passati hanno colpito proprio Paesi come El Salvador o Haiti.
“Alcuni politici a Washington scelgono di combattere per Paesi stranieri, ma il presidente combatterà sempre per gli americani”, si è limitata a dire la vice portavoce della Casa Bianca, Raj Shah. “Come altri Paesi che hanno un sistema dell’immigrazione basato sul merito, il presidente – ha spiegato – si batte per una soluzione permanente che rafforzi il nostro dando il benvenuto a coloro che possono contribuire alla nostra società e far crescere la nostra economia“.
Le parole pronunciate da Trump fanno eco a quelle che il presidente avrebbe detto nei mesi scorsi, quando attaccò i 15mila haitiani arrivati negli Stati Uniti nel 2016 dicendo che “hanno tutti l’Aids”, oppure i 40mila nigeriani giunti negli Usa lo scorso anno: “Non torneranno più nelle loro capanne”.