“Gli Stati Uniti chiedono a Gran Bretagna, Francia, Germania e agli altri alleati europei di riprendere oltre 800 combattenti dell’Isis catturati in Siria e processarli. Il califfato sta per cadere. L’alternativa non è buona in quanto saremo costretti a rilasciarli”. Così si è espresso il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, attraverso Twitter, annunciando una vittoria “al 100%” sul Califfato e il ritiro delle truppe americane dalla Siria.
Trump ha proseguito dicendo che “gli Stati Uniti non vogliono guardare come questi combattenti dell’Isis entreranno in Europa, perché è lì che vorrebbero andare. Facciamo così tanto e spendiamo così tanto. Adesso è il momento che gli altri facciano un passo avanti e facciano ciò che sono così capaci di fare”.
Il motivo per cui gli Stati Uniti fanno pressione sui governi europei affinché si riprendano i propri “foreign fighters” è dato dal fatto che, non essendoci un apparato statale in Siria, non è possibile processare i prigionieri cittadini di altri Paesi. La scorsa settimana il Quay d’Orsay ha stabilito il rimpatrio di 130 miliziani, più le loro famiglie, nei relativi Stati europei.
Tra questi ci sono anche alcuni italiani: si tratta di Samir Bougana, bresciano di 24 anni, e Meriem Rehaily, ventitreenne di Padova che nel Califfato ha avuto due figli. Seppur in numero minore rispetto ad altri paesi europei, non è da escludere che ulteriori militanti Isis con cittadinanza italiana si possano aggiungere al conto.
In caso di rimpatrio, per gli adulti legati all’Isis si prospetta il carcere. Preoccupa però la possibilità che, una volta in prigione, queste persone possano avviare delle campagne di reclutamento tra i detenuti. Secondo il Dap, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, attualmente in Italia sono almeno 242 gli individui a rischio, divisi nelle carceri di Sassari, Nuoro, Cosenza e Asti.