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Troppi cristiani perseguitati nel mondo. “La comunità internazionale ha il dovere di intervenire”

di Alberto Gentile20 Febbraio 2015
20 Febbraio 2015

convegno cristiani perseguitatiSono tanti, troppi, i Paesi dove i cristiani hanno subito violenza e i primi sono a maggioranza islamica. Libia, Nigeria, Iraq, Siria ma non solo, i combattenti islamici avanzano e i cristiani vengono ammazzati. E’ stato questo il tema al centro del dibattito dal titolo “perseguiteranno anche voi” che si è tenuto presso la Camera dei Deputati. Il giornalista Franco Di Mare ha fatto da moderatore ma l’iniziativa è partita dall’esponente di Alleanza Cattolica, Alfredo Mantovano.
Particolarmente toccante è stata la testimonianza di padre Bernardo Cervellera, direttore di Asianews, che ha vissuto per anni in Cina e che ha ricordato come anche nel lontano Oriente ai preti vengano ancora negate degne sepolture citando il caso di mons. Cosma Shi Enxiangmentre, scomparso nelle mani della polizia cinese dall’aprile 2001. “I cristiani fanno paura perché sono la garanzia dello sviluppo dei diritti delle donne, dell’istruzione e dei buoni rapporti tra sciiti e sunniti” ha spiegato Cervellera e dell’instabilità di questi Paesi si dovrebbe fare carico “l’Occidente che finora ha globalizzato il denaro e le merci ma non la dignità umana e i diritti”.
Ma mentre il Consiglio di Sicurezza dell’Onu diceva no all’intervento militare in Libia anche l’ex presidente della Camera Pier Ferdinando Casini predicava calma e si è rivolto a chi invoca l’intervento militare chiedendo: “A favore di chi? E per fare cosa?” definendo inutile “l’esportazione della democrazia di Bush”. Il presidente della commissione Affari Esteri ha poi accusato gli Stati Uniti di aver gestito male la situazione in Iraq “decapitando i vertici sunniti facendo nascere in loro voglia di vendetta”. Casini non vuole che la comunità internazionale ripeta l’errore degli americani e ha spiegato che “bisogna coinvolgere i paesi limitrofi perché un intervento potrebbe essere autolesionista”.
A favore di un intervento militare si è mostrato, invece, l’ex parlamentare Mantovano secondo cui: “I fatti di Parigi e Copenaghen ci dicono una cosa: se noi non ci occupiamo di loro, loro si occuperanno di noi. Se noi occidentali non interveniamo militarmente per paura che un nostro soldato torni in una bara, un nostro concittadino finirà in una bara”. Per Mantovano, dunque, “l’unica strategia militare utile è quella multilaterale coinvolgendo anche i Paesi arabi per non lasciare all’Isis l’alibi di dire che si tratta di una guerra crociata”.
Per Michele Valensise, segretario generale del ministero degli Esteri, l’unica via possibile è quella diplomatica perché “Noi come Italia abbiamo una posizione privilegiata, non siamo visti con sospetto come la Francia o la Gb. La nostra presenza lì è funzionale a un dialogo tra le due fazioni libiche, quella di Tobruk e quella di Tripoli”.

Alberto Gentile

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