“Su indicazione dei miei legali, mi avvalgo della facoltà di non rispondere”. Ha parlato così a Palermo davanti alla corte l’ex premier Silvio Berlusconi, citato come teste al processo d’appello per la “Trattativa Stato-mafia”.
Una decisione presa nonostante fosse stato convocato dai legali del suo “amico politico” Marcello Dell’Utri, uno degli imputati del processo, condannato in primo grado a dodici anni di carcere per essere stato il tramite delle minacce di Cosa nostra al governo guidato da Berlusconi.
Il presidente di Forza Italia ha anche negato il permesso di farsi riprendere o fotografare in aula: “Grazie a tutti”, ha dichiarato prima di abbandonare l’Aula, scortato dai carabinieri.
Agli atti del processo d’appello rimane comunque la dichiarazione televisiva dell’ex premier, giunta all’indomani della condanna in primo grado di Dell’Utri: “Né nel 1994, né successivamente, i miei governi hanno ricevuto alcuna minaccia dalla mafia o dai suoi rappresentanti”. La corte d’assise d’appello dei Palermo ha respinto la richiesta presentata dalla difesa di Dell’Utri di proiettare in aula proprio un estratto della video intervista. “L’intervista è già acquisita – hanno detto i giudici -. Quindi potrà essere visionata dalla corte in ogni momento e non c’è motivo di proiettarla in aula”.