Sono oltre 100 i militari dell’Arma che all’alba di questa mattina hanno compiuto 12 ordinanze di custodia cautelare in carcere ai danni di famiglie vicine al clan di Matteo Messina Denaro, il super latitante di Cosa Nostra ricercato dal 1993. I reati contestati sono associazione mafiosa ed estorsione, favoreggiamento e fittizia intestazione di beni, tutti aggravati da modalità mafiose. L’operazione congiunta fra il nucleo investigativo di Trapani, del Raggruppamento operativo speciale e della Dia, coordinati dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi e dall’aggiunto Paolo Guido, ha permesso di individuare una rete di investimenti nei campi della ristorazione e delle agricolture innovative, intestati fittiziamente a terzi ma riconducibili ai clan di Vita e Salemi, in provincia di Trapani. Parte degli ingenti guadagni di questi investimenti sarebbero stati destinati al mantenimento dello stesso Messina Denaro. I carabinieri hanno sequestrato tre complessi aziendali, comprensivi degli immobili e dei macchinari, intestati a terzi ma ritenuti strumento per il business dell’organizzazione criminale.
Fra i 12 arrestati figura il “signore del vento” Vito Nicastri, nome conosciuto ai carabinieri, al quale in passato hanno sequestrato centinaia di milioni di euro per il suo presunto favoreggiamento al padrino di Castelvetrano.
Secondo gli inquirenti Cosa Nostra avrebbe sfruttato imprenditori compiacenti per acquistare i grandi vigneti di Antonio Salvo, nipote del boss Ignazio e sorvegliato speciale dopo la sua assoluzione dall’accusa di mafia: i terreni sarebbero stati acquistati all’asta dai fratelli Roberto e Vito Nicastri per 138mila euro e successivamente rivenduti a 750mila euro all’imprenditore San Giuseppe Jato, Ciro Ficarotta.