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Traditori nella propria terra: il dramma degli iracheni ex collaboratori dell’esercito Usa

di Giulia Di Stefano28 Marzo 2013
28 Marzo 2013

In un paese devastato dalla guerra, nella terra di mezzo di chi si ritrova nella propria patria dopo esser stato dalla parte dello straniero invasore. Migliaia di iracheni, ex collaboratori dell’esercito Usa, sono stati abbandonati ora dagli americani che non li vogliono accogliere come rifugiati, temendo che qualcuno di loro possa essere diventato terrorista, mentre in Iraq sono ormai considerati alla stregua di traditori.
Gli aiutanti dimenticati. La denuncia arriva dall’ex coordinatore dell’agenzia Usa per la ricostruzione nella città di Fallujah, Kirk W.Johnson, che ha portato alla luce il problema di questi cittadini iracheni: ora a migliaia rischiano di non reinserirsi più nel tessuto sociale del loro paese, dopo aver prestato servizio come collaboratori dell’esercito statunitense, perlopiù come autisti ed interpreti. Dopo aver accettato di essere reclutati e di recarsi quotidianamente nella zona grigia di Bagdad per mettere a disposizione le loro competenze, sono considerati traditori dai propri concittadini. E’passato più di un anno dal ritiro delle truppe americane ed il futuro di questi ex aiutanti è quanto mai incerto, dal momento che farsi accogliere negli Usa resta per loro fortemente problematico. Il ritmo attuale per l’accoglienza da parte degli Stati Uniti è di dieci visti al mese e, con questi numeri, ci vorrebbero 17 anni per completare il trasferimento di tutti gli ex collaboratori.
Il caso di Omar. Decapitato dai suoi connazionali. Questa è stata la tragica fine di Omar, un giovane che aveva lavorato come addetto ai rifornimenti per l’esercito Usa. Aveva richiesto il visto da rifugiato a metà 2011, sei mesi prima che il presidente Barack Obama annunciasse la fine della missione in Iraq. Ma nonostante le continue sollecitazioni al governo che aveva appena servito e sotto la pressione di minacce di morte da parte degli iracheni, la sua richiesta è rimasta sul tavolo dei burocrati americani. E il suo corpo è stato ritrovato senza vita e mutilato in un pomeriggio di luglio dell’anno scorso. Da dopo i funerali, anche il fratello di Omar e la sua famiglia, la moglie e il figlio di 5 anni, stanno subendo continue minacce. L’organizzazione fondata da Kirk W.Johnson, List Project, sta ora cercando in tutti i modi di portarli fuori dal paese mediorientale, prima che sia troppo tardi.

Giulia Di Stefano


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