È la notte fra il 23 e il 24 febbraio 2022. All’alba irrompe la notizia dell’ aggressione russa all’Ucraina. Da subito diventa una guerra televisiva, fatta di immagini, di leader che parlano in diretta ai propri popoli, di racconti contrapposti, di social, d’informazione e disinformazione. È il primo conflitto che coinvolge tutti i media. Tanto che gli esperti l’hanno definita la “prima guerra dei social media”. Accanto ai media più tradizionali come i giornali, le radio e le tv si affiancano, infatti, i social media e le applicazioni di messaggistica istantanea. Le piattaforme in gioco sono tantissime: Facebook, Twitter, Instagram, Tik Tok, Telegram. Da una parte la propaganda del presidente russo Putin che passa attraverso il controllo dei media e persuade la popolazione evitando che i media occidentali arrivino in Russia. Dall’altra l’impronta del presidente ucraino Zelensky, che da ex attore ha una enorme sensibilità alla comunicazione e riesce a usare con abilità i nuovi mezzi di comunicazione.
La comunicazione in Russia
Il controllo dei media avviene attraverso Internet Research Agency, un’azienda russa impegnata in operazioni di propaganda online. Novaya Gazeta, media indipendente russo, ha, per primo, fatto luce sul suo vero volto: la più grande fabbrica russa di troll che nel gergo della Rete indica chi interviene all’interno di una comunità virtuale per disturbare le normali interazioni tra gli utenti.
Nella strategia di Putin c’è poi la progressiva compressione della libertà di parola ed espressione. Novaya Gazeta è stato dapprima bollato come agente straniero, quindi operante sul territorio russo ma facente gli interessi di paesi esteri per poi essere costretta a chiudere a seguito dell’introduzione di una legge contro le “fake news” del marzo 2022 per cui si rischiano fino a 15 anni di carcere se si diffondono versioni alternative a quella della “operazione militare speciale”.
Guerra e invasione sono, infatti, parole bandite. Proprio in base a questa legge Ilya Yashin, oppositore politico del Cremlino, è stato condannato a otto anni e mezzo di carcere. Il suo errore è stato quello di aver parlato della responsabilità russa nel massacro di Bucha in una diretta sul suo canale You Tube. L’azione di Mosca si è, infine, orientata impedendo l’accesso ai social come Instagram e Facebook, ma molti russi aggirano la censura utilizzando il software VPN (Virtual Private Network). Questo strumento maschera il reale indirizzo dell’utente consentendo di scavalcare la censura.
La coralità di voci nel campo ucraino
Dall’altra parte c’è la strategia comunicativa dell’Ucraina in cui storie ed esperienze personali di guerra vengono diffuse da civili e soldati attraverso Twitter, Instagram, Tik Tok e Telegram dove il presidente Zelensky pubblica quotidianamente video, foto e dichiarazioni. Il canale ufficiale del governo conta più di 1, 4 milioni di abbonati mentre il 23 febbraio, prima dell’inizio del conflitto, ne contava 65 mila .
A oggi i profili ufficiali dei Zelensky, Instagram e Twitter, sono seguiti rispettivamente da 16,9 milioni di follower e 7,126 milioni. Anche l’esercito ucraino ha un account Twitter che aggiorna sulla guerra. Queste testimonianze dirette dal campo spesso smentiscono la propaganda russa, svolgendo azione di fact checking. In svariate occasioni i civili hanno condiviso notizie prima ancora che i media potessero arrivare sul posto, fornendo una trasmissione immediata dei fatti.
Le insidie del web
I social media sono usati per fornire un racconto in tempo reale o quasi di ciò che accade sul campo. Ma allo stesso tempo sono il mezzo attraverso cui condividere propaganda, disinformazione e fake news. Un tema, quest’ultimo, molto rilevante nel conflitto russo-ucraino. In merito ad esse è degno di nota il lavoro che svolge Newsguard, sturt-up statunitense lanciata nel 2018 che permette agli utenti di riconoscere le fake news che sta monitorando le principali fake news sulla guerra.
Dall’inizio del conflitto ha sfatato più di cento narrazioni false relative alla guerra e identificato 338 siti con disinformazione su Russia e Ucraina. La maggior parte delle notizie false nega le atrocità perpetrate dalla Russia in Ucraina o demonizza gli ucraini.
Da non sottovalutare, infine, l’aspetto dell’assuefazione a immagini così forti. Anche se tutto quello che viene pubblicato su Internet rimane per sempre, al contempo è vero che nulla è più effimero di un post sui social. Come suggerito dal ricercatore Francesco Nespoli la finzione dei social fa sembrare finta la realtà quindi la guerra. Su Tik Tok, soprattutto, il rischio è quello di una “costruzione un po’ patinata del contesto” e che faccia sembrare la guerra un evento ordinario.