ROMA – Un’anfora di 2.500 anni fa, un piatto decorato proveniente da un sito archeologico pugliese e una testa di marmo di una collezione appartenente al Vaticano. Sono questi i reperti che compongono il tesoro trafugato all’Italia e finito dall’altra parte del mondo, in Australia, che grazie al lavoro dei Carabinieri del Nucleo tutela patrimonio artistico, sta per tornare a casa. Un’operazione, quella del recupero dei pezzi rubati, che ha visto la piena collaborazione dell’Australian National University di Canberra.
Le opere si trovavano infatti esposte nel museo dei classici dell’università, e gli inquirenti vi sono arrivati grazie a una vecchia Polaroid scoperta in una precedente indagine, mentre indagavano su un ladro d’arte. La foto istantanea ritraeva proprio uno dei reperti più prestigiosi della collezione australiana: un’anfora di 2.500 anni fa raffigurante Eracle che combatte il leone di Nemea. L’Università di Canberra era entrata in possesso dei reperti in “buona fede”- il vaso, in particolare, era stato acquistato legalmente all’asta di Sotheby’s nel 1984 – e si è detta “orgogliosa” di collaborare con gli investigatori italiani.
Attraverso la cooperazione con il museo i Carabinieri hanno anche identificato il piatto, decorato con pesci rossi, rubato in Puglia e acquistato sempre nel 1984 da un antiquario in Usa. A questo punto l’Università australiana, spinta a intraprendere una propria verifica, ha successivamente trovato il terzo reperto: una testa romana in marmo già di proprietà del Vaticano e in mostra nel Palazzo Laterano. Gli investigatori sono stati in grado di risalire a David Holland Swingler, un trafficante d’arte americano, noto per la sua abitudine di recuperare le opere direttamente dai tombaroli per poi contrabbandare i reperti tra pacchi di pasta e altri cibi italiani. Il governo italiano ha accettato di prestare il vaso e il piatto con i pesci all’università, fino alla loro restituzione in una “data futura”.