Damiano Tommasi, anche l’Italia finalmente si sta muovendo verso la realizzazione dei nuovi stadi?
Nì, nel senso che si stanno muovendo alcune società mentre altre sono lontane anche solo dal pensarlo. Juve, Udinese e Sassuolo sono andate avanti sulla strada che aveva provato la Reggiana a suo tempo, ma siamo ancora lontani visti anche i pochi investimenti sulle strutture sportive di allenamento.
I nuovi impianti possono funzionare da volano per il definitivo rilancio del calcio italiano?
Non so se sono due cose complementari. Sicuramente il fatto che una società investa su una struttura di proprietà dà comunque un segnale una visione pluriennale. Di solito chi ha una visione pluriennale fa le cose fatte bene e se fai le cose fatte bene con la tradizione calcistica che abbiamo si migliorano anche i risultati sportivi sul campo. Non so cosa alimenta cosa ma sicuramente è un segnale da parte della società anche a livello sportivo.
Quanta differenza fa per giocatori e spettatori avere le tribune attaccate al campo, senza pista di atletica un mezzo?
Sulla pista d’atletica sono un po’ condizionato dalla carriera che ho fatto. Avere la pista d’atletica non smorzava il calore di certe partite giocate a Roma. Parlando da spettatore, certamente lo stadio di calcio è diverso da quello con la pista d’atletica. Per un giocatore, credo che la carica in più la dia la vicinanza e la calorosità del pubblico. Su questo credo che, più che la pista d’atletica, lo stadio di proprietà e quindi la cura della struttura dove si andranno a vedere le partite possa aumentare le presenze allo stadio. La carica in più la dà la partecipazione del pubblico. La struttura in sé ti permette di avere lo stadio pieno, perché quando si ha lo stadio di proprietà è interesse di chi è proprietario riempirlo il più possibile. Oggi non c’è questo grande interesse perché la fetta più grande degli introiti arriva dai diritti tv, rischiando così di avere più abbonati in tv che allo stadio.
Che idea si è fatto della vicenda dello stadio della Roma?
L’idea è che ci sono tanti interessi in ballo, immobiliari, politici e del territorio, contrasti tra imprenditori. Secondo me il fatto che la proprietà non sia romana o italiana incide anche sul rallentamento di certe operazioni. Poi c’è la fattibilità, anche se non conosco le carte e la situazione tecnicamente. Quello che è evidente è che c’è una grande volontà di questa proprietà di costruire lo stadio e spesso come succede in Italia la grande volontà trova continui ostacoli e vincoli. La tifoseria della Roma è per la grande maggioranza presente in città e quindi lo stadio avrebbe la funzione di aumento del numero delle presenze e di coesione allo stadio.