I vincitori di queste elezioni sono il Partito popolare europeo e i vari partiti che hanno fatto dell’euroscetticismo il loro cavallo di battaglia. A rimetterci sono stati soprattutto il Pse e gli storici partiti da sempre gravitanti nell’orbita del Parlamento europeo. Dati alla mano, il Ppe ha ottenuto la maggioranza, pur perdendo 92 seggi, con ben 212 deputati, il che permetterebbe al lussemburghese Jean-Claude Junker di ipotecare seriamente il posto attualmente occupato da Barroso alla guida della commissione. 185 seggi ai socialisti di Schulz, seconda forza del parlamento, trainato dagli ottimi risultati ottenuti dal Pd in Italia, che supera in numero di seggi la Spd tedesca (31 a 27) e diventa il primo gruppo parlamentare nazionale a Strasburgo. Terzo esponente di rilievo, i liberaldemocratici dell’Alde con 71 rappresentanti. A seguire i Verdi, la Sinistra Unitaria del Gue e il Gruppo dei Conservatori e dei Riformisti Europei.
Data l’imponente presenza di 140 parlamentari che proveranno in ogni modo a ostacolare le varie proposte europeiste, i due partiti del Ppe e del Pse starebbero già pensando a un’eventuale Grosse Koalition. Indicative, a tal proposito, le ultime dichiarazioni di Junker: «È chiaro che pretendiamo la presidenza della Commissione Ue. Siamo pronti a negoziare con il Pse ma senza inginocchiarci». Il candidato del Pse, Schulz, non ha tardato molto a rispondere: «Junker ha il diritto di cercare di formare una maggioranza. Se vuole parlare con noi è il benvenuto. Anch’io prenderò l’iniziativa per formare una maggioranza». Concludendo, poi, con un’affermazione perentoria: «Basta con questa strategia basata sul calcolo matematico, è ora di iniziare col calcolo della politica».
In Francia, Hollande è uscito a pezzi da queste elezioni, racimolando appena il 14,5% dei voti, e subendo il sorpasso dell’Ump dell’ex presidente Sarkozy e dello tsunami del Front National della Le Pen, che ha ottenuto il 25,4% delle preferenze dei votanti francesi. Vittoria straripante che ha gettato nello scompiglio l’esecutivo, che già in mattinata si è riunito all’Eliseo per una riunione urgente per ordine dello stesso Hollande e del primo ministro Valls.
Nel Regno Unito, storicamente contraddistinto da un sentimento anti europeista, L’Ukip di Nigel Farage ha sbaragliato la concorrenza con un altisonante 31%, aggiudicandosi la prima posizione e ben 24 deputati, piazzandosi davanti ai Conservatori del primo ministro David Cameron, con 16 eurodeputati. «Abbiamo colpito molto duramente», ha detto Farage, salutando «il più straordinario risultato della storia politica degli ultimi 100 anni». A ruota i laburisti, con il 23,7%.
In Germania, Paese che fa da traino all’Ue, il fronte pro-Europa se la cava meglio rispetto alle varie controparti sparse per il vecchio continente: la Cdu/Csu di Angela Merkel conquista il 36,3% dei voti e rimane il primo partito tedesco, superando di 10 punti l’Spd. Tra le varie sorprese tedesche, oltre al 7% degli anti-euro dell’Afd, anche quell’1% che permetterà a un esponente dell’Npd, d’ispirazione nazista, di sedere nel parlamento europeo.
In Grecia si è assistito al trionfo del Syriza di Alexis Tsipras, partito anti-Ue che ha guadagnato il 26,5% dei voti grazie alla sua lotta contro l’austerità imposta dalla troika e ora primo partito greco. Alla luce degli ottimi risultati, Tsipras ha già espresso la volontà di anticipare le elezioni politiche. Buon risultato anche quel 9,34% ottenuto dall’estrema destra con Alba Dorata.
In Portogallo, considerato come uno dei paesi “big” dell’Ue, la coalizione di governo, guidata dal primo ministro social democratico Pedro Passos Cohelo, è stata severamente punita a causa della sua politica di austerità, lasciando il passo ai socialisti, che hanno vinto con il 31,45%.
Renato Paone