Su quali settori potrebbe fondarsi il rilancio fra Francia e Italia?
Posto che un asse tra Francia e Italia esiste da sempre, oggigiorno la cooperazione che meglio si sta sviluppando tra Francia e Italia riguarda soprattutto i settori aerospaziale, dei trasporti, dell’energia, dell’agricoltura e dell’ambiente. Questi settori saranno al centro degli accordi dei prossimi quindici anni. Anche se sui trasporti, pur se si registra una convergenza d’interessi nell’arco transalpino, pesano le decisioni demagogiche della politica. Le eccezioni negative in senso industriale, invece, dipendono più dalla spregiudicatezza imprenditoriale di alcune realtà industriali che non dagli accordi intergovernativi.
Il dietrofront di Macron sui migranti mette prima gli interessi nazionali e poi quelli europei. Un’incoerenza con l’europeismo decantato in campagna elettorale? Quali sono le sue intenzioni in materia di politica migratoria?
La scelta di Macron è mirata a non scontentare l’opinione pubblica e a limitare la già pesante situazione della sicurezza interna. Non dobbiamo scordare che la Francia ha pagato più di qualsiasi altro paese europeo il terrorismo di matrice islamista. Questo non poteva non provocare una reazione prudenziale per quanto egoistica, che difatti si è sostanziata nell’abbandonare l’Italia a sé stessa. Una linea che, peraltro, accomuna Parigi al resto d’Europa. Ciò detto, tutto quello che si può costruire di positivo in materia di migranti, passerà per le politiche nordafricane di entrambi i paesi. Prima si stabilizza la Libia, ad esempio, meglio sarà per tutti.
In che modo le prossime elezioni politiche italiane potrebbero pesare a livello europeo e, in particolar modo, in un’alleanza con la Francia di Macron?
Il modello Macron alle condizioni attuali è irripetibile. Solo se Renzi avesse rotto illo tempore con il Partito Democratico, ci sarebbero state chance di avvicinare quel risultato. Anche se non è detto che poi sarebbe andata così. In ogni caso, le elezioni italiane della prossima primavera peseranno negativamente a livello europeo, poiché si prefigura una situazione simile a quella del 2013, cioè senza vincitori. Il che aprirebbe al solo scenario di nuove elezioni in tempi brevi. Questo indebolirebbe qualsiasi azione di governo e confermerebbe la nomea d’inaffidabilità e instabilità politica di cui questo paese è vittima da sempre. Su questo, non si può costruire alcuna alleanza. Solo i privati possono farlo.
Secondo te, dopo le elezioni, il futuro premier dovrà inserirsi nel motore europeo franco-tedesco o cercare di rifondare un nuovo asse italo-francese?
Rompere l’asse franco-tedesco appare un’operazione al di sopra di ogni nostra possibilità. Non c’è governo o politico di rilievo che riuscirebbe a intaccare anche solo in parte quel legame. La convergenza d’interessi si potrebbe semmai sostanziare in una triangolazione tra i nostri tre paesi che, insieme, rappresentano la “vera” Europa. Personalmente, ritengo che sarebbe quasi più facile avvicinare a noi la Germania che non la Francia, sebbene non vi sia una continuità territoriale. Mentre se parliamo di settori limitati, allora tutto è possibile. Però, sempre con un governo forte che aiuti le imprese oltrefrontiera. Cosa che temo non avremo modo di vedere da qui al prossimo anno.