Il giorno dopo l’addio del maestro Riccardo Muti, il Teatro dell’Opera di Roma si trova in un mare di guai. L’ex direttore musicale a vita lascia un vuoto difficile da colmare e che sembra dare il colpo di grazia a una realtà, quella dell’Opera della Capitale, già a pezzi. La lettera di dimissioni mandata ieri da Muti al sindaco Ignazio Marino e al sovrintendente dell’Opera Carlo Fuores ha danneggiato quasi tutte le aree possibili: quella economica, artistica e d’immagine. Non c’è soltanto la paura di non trovare qualcuno all’altezza del maestro nella direzione dell’“Aida” (che segnerà l’apertura della nuova stagione) e de “Le nozze di Figaro” (il prossimo maggio 2015); ci si chiede anche se la campagna abbonamenti risentirà delle parole con cui Muti ha spiegato che nell’Opera romana oggi “non ci sono le condizioni necessarie per garantire quella serenità per me necessaria al buon esito delle rappresentazioni”. Addirittura c’è chi parla di possibile chiusura, una prospettiva nera che non ha dell’incredibile.
È chiaro che per sopravvivere sia necessario sanare ciò che non va, stimolare la creatività, proporre novità e puntare su qualità e serietà. Caratteristiche che sono mancate negli scorsi mesi: tutti ricordano, ad esempio, lo sciopero di quest’estate che ha fatto saltare, proprio all’ultimo minuto, la Bohème diretta da Daniele Rustioni. Il compositore e direttore Giorgio Battistelli ha confermato che sono proprio questi gli atteggiamenti che hanno portato l’amico Muti a lasciare l’Opera: “un direttore del suo rango, con un’immagine internazionale così forte, non può permettersi di lavorare in un teatro che cambia atteggiamento a seconda se sul podio c’è lui e un altro direttore” ha detto oggi a La Repubblica.
Nonostante la sua insofferenza, però, nessuno si aspettava che Riccardo Muti abbandonasse il Teatro di Roma. I primi a rimanere shockati sono stati proprio i musicisti e i coristi che, da quanto letto sui passi della lettera del maestro rilasciati alla stampa, sarebbero, con i loro scioperi e le loro richieste sindacali, i responsabili di quel clima di malessere e precarietà dietro la scelta di Riccardo Muti di lasciare la sua carica. Eppure loro non la pensano così. I colleghi starebbero preparando una raccolta di firme di solidarietà con il Maestro, convinti che la colpa sia da ricercare nella legislatura feroce e punitiva che uccide la lirica. D’altronde, dice a Il Corriere della Sera Pasquale Carlo Faillaci, corista di Cgil, “abbandonando noi, Muti abbandona l’Italia intera, perché nel nostro Paese continuerà a dirigere solo l’orchestra giovanile Cherubini da lui fondata”.
Corinna Spirito