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Teatro dell’Opera, «Licenziamenti causati dagli sprechi dell’amministrazione», le accuse del sindacato Fials

di Renato Paone28 Ottobre 2014
28 Ottobre 2014

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Dopo il polverone creatosi con il licenziamento dei 182 dipendenti, tra orchestra e coro, del teatro dell’Opera di Roma, è intervenuta sulla questione anche il vice segretario provinciale Fials Cisal, Lorella Pieralli. «Sono i tanti sperperi che l’amministrazione del Teatro ha concesso in questi anni – ha proseguito la sindacalista – che hanno portato al licenziamento dei lavoratori dipendenti, l’unico costo fisso e prevedibile fermo dal 2005». A dimostrazione della sua tesi, la pubblicazione del “libro degli sprechi” del Teatro dell’Opera che il sovrintendente Carlo Fuortes ha dovuto consegnare alla Commissione trasparenza del Campidoglio, “libro” da anni denunciato dalle varie sigle sindacaliste. Tra le uscite di troppo vi sono pagamenti extra a facchini, allestimenti scenici eccessivamente costosi e spese di trasporto che di anno in anno sono «magicamente lievitate». In particolare «sui facchini e sulle loro prestazioni – ha spiegato – il Teatro non ha mai esercitato un vero controllo», tantomeno sullo spreco che coinvolge i materiali utilizzati in scena, spesso lasciati a marcire o addirittura bruciati per lasciar «posto ad altri che marciranno a loro volta, come del resto accade a tutti gli altri allestimenti faraonici. Esattamente il contrario di quanto accade in Europa».

«Solo nel 2012 – ha precisato Pieralli – ci sono stati aumenti anomali su queste voci e abbiamo chiesto i motivi». Tra queste figurano 400mila euro in più di spese per trasporti e facchinaggio, costi della pulizia aumentati ogni anno del 30-40% circa «a fronte dello stesso servizio», un aumento di 1,2 milioni di euro nelle spese artistiche relative al costo di registi, cantanti e coreografi. «Ma – si è domandata la vicesegretaria – se gli interpreti erano gli stessi per lo stesso numero di recite, cosa ha portato a questo aumento? E poi, perché i servizi vari sono aumentati del 50% in un anno, passando da quattro a sei milioni di euro?». La risposta è abbastanza chiara, come sottolineato dalla stessa Pieralli: «Spesso le ditte esterne di fornitura sono scelte dai registi, e questo dà vita a degli oligopoli in Italia».

Renato Paone

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