Tav sì, Tav no, un tunnel di contrasti. Sì, perché nello stallo sulla realizzazione dell’opera, una certezza ce l’abbiamo: la tensione all’interno della maggioranza di governo tra chi è favorevole alla Torino-Lione, quindi i leghisti capitanati dal vicepremier Matteo Salvini, e chi invece è assolutamente contrario, i pentastellati dell’altro vice Luigi Di Maio. E poi c’è Giuseppe Conte, il presidente del Consiglio super partes, che tentenna, traballa, un po’ come la sua poltrona, minacciata come mai prima d’ora dalla crisi che scuote i gialloverdi, e che i diretti interessati negano. La questione nasce dai bandi, ma è molto più complessa, quasi ideologica.
“Nel contratto c’è la revisione dell’opera che è giusta, si possono tagliare spese, strutture, è giusto chiedere più contributi all’Europa e alla Francia. Non si può fermarla e conto che il buon senso prevalga”. Con queste parole, pronunciate a Rtl 102.5, Salvini ha ribadito anche oggi che l’opera va fatta. A domanda diretta sulle dichiarazioni di Di Maio, che gli aveva dato dell’irresponsabile, il ministro dell’Interno ha risposto pacatamente: “Io irresponsabile? No, sono coerente e poi Luigi parlava ai suoi”.
Il ministro del Lavoro e dello sviluppo economico, infatti, ieri ha parlato davanti all’assemblea dei gruppi M5s, dopo il Consiglio dei ministri. “Non sono disposto a mettere in discussione il “No alla Tav”, ha detto Di Maio iniziando il suo discorso, a cui è seguito un lungo applauso. Ha poi continuato entrando proprio nel merito della questione: “Per noi i bandi devono essere sospesi proprio perché stiamo ridiscutendo l’opera, come previsto dal contratto”.
Contratto è la parola chiave per leggere questa vicenda. Quel contratto sancito da Conte, che rimanda la decisione di ventiquattr’ore, ma che sembra schierarsi dalla parte dei grillini: “Ho forti dubbi sulla Tav”, avrebbe detto il premier, incassando anche i ringraziamenti di Luigi Di Maio.