I tassi d’interesse resteranno a zero ancora per un anno: questo è l’accordo trovato ieri a Francoforte tra Mario Draghi e Jens Weidmann, presidente della Deutsche Bundesbank, che anticipa l’attesissima riunione di oggi alla Bce. Lo scopo è quello di accompagnare lentamente fuori il Quantitative Easing, finora il piano di stimolo monetario più importante nella storia dell’Euro, ma mal digerito da paesi come la Germania.
La Banca Centrale Europea potrebbe non prendere oggi decisioni in merito. Attualmente è previsto che il programma di acquisti di titoli duri fino a dicembre 2017, ma potrebbe essere prolungato. Notizie più certe potrebbero arrivare a ottobre, a seguito delle elezioni tedesche di settembre. Nonostante ci sia un generale clima di cautela, il governatore Draghi dovrebbe dare oggi delle indicazioni generali per far capire le tendenze della politica monetaria.
Sicuramente si parlerà di euro, che si è decisamente rafforzato rispetto al dollaro: il cambio è salito di 7 punti percentuali in soli sei mesi. Potrebbe esserci un “intervento verbale” per frenarne l’apprezzamento.
In merito all’inflazione potrebbero essere ripresentate considerazioni passate: il suo andamento non convince la Bce. Dovrebbe tornare al 2%, anche se la ripresa non sembra avere ancora effetti sui prezzi e le dinamiche del costo della vita non sono autosufficienti.
Di certo la cautela negli interventi potrà rallentare ma non bloccare l’eliminazione del QE e la normalizzazione della politica monetaria. Un piano d’uscita troppo lento rischierebbe di alimentare bolle speculative. Al contrario se durasse poco, potrebbe abbassare i tassi rapidamente e prima del tempo, facendo impazzire i mercati azionari, come accadde quattro anni fa alla Federal Reserve. Ovviamente i Paesi più favorevoli all’uscita lenta sono quelli che hanno il debito più alto: Italia, Spagna e Portogallo.
Ma che il programma di acquisto dei titoli debba finire è nell’ordine delle cose. Il Quantitative Easing sta presentando dei vincoli tecnici: i bond acquistabili non possono oltrepassare il 33% di quelli emessi da ciascuno Stato e il totale acquistato per ciascun paese non può superare, in proporzione, la sua partecipazione nel capitale della Bce. Di fatto, cominciano a scarseggiare i titoli idonei, come nel caso della Germania, maggiore azionista della Banca centrale. «Tutti sperano ci sia una normalizzazione. Siamo più vicini di quanto non pensassero i pessimisti un anno fa», ha detto il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schauble.