Il Consiglio dei ministri di venerdì ha approvato il nuovo decreto Tasi, che presenta ora la possibilità per i comuni di aumentare l’aliquota per i servizi indivisibili dal 2,5 fino al 3,3%. Prelievo aggiuntivo che però deve essere destinato alle agevolazioni e detrazioni, anche queste tutte nelle mani delle decisioni delle giunte comunali. Alcuni comuni hanno previsto sgravi in base al reddito imponibile o l’indicatore Isee; si decide una soglia e i diversi sconti per i contribuenti che non la raggiungono. Altri hanno scelto la via più convenzionale delle detrazioni per i “soggetti svantaggiati”: portatori di handicap ex legge 104/1992, invalidi oltre una data percentuale, titolari di assegni sociali, soggetti con disabilità grave e così via.
Se da una parte il governo ha cercato di aiutare le famiglie in difficoltà con gli sgravi fiscali, dall’altra però ha riservato la stangata per i proprietari di seconde case e i loro eventuali inquilini: i primi pagano dal 37 al 46% in più a seconda della somma delle aliquote Imu+Tasi, ma arrivano al 50% se l’immobile è sfitto; i secondi possono arrivare a versare dal 10 al 30% del totale della tassa. Come sappiamo le aliquote Tasi oscillano dall’1 al 3,3%, mentre per quelle Imu bisogna considerare le percentuali applicate nel 2012 per le prime case, e quelle applicate nel 2013 per le seconde abitazioni.
Sciogliendo le percentuali, per una seconda casa con una rendita catastale di 1.000 euro il proprietario dell’immobile avrebbe un costo minore rispetto al 2013 solo nel caso in cui il comune in cui ha l’immobile avesse applicato nel 2013 l’aliquota Imu più alta (da un minimo di -17 euro fino a -167); differenza che comunque verrebbe saldata dall’inquilino, e in maniera più elevata all’aumentare dell’aliquota Tasi 2014 (da un minimo di +17 euro, ad un massimo di +167 appunto).
Per la felicità dei soggetti del mercato immobiliare.
Nicola Maria Stacchietti