Lei conosce bene Emmanuel Macron. Qual è la caratteristica del suo carattere che apprezza dipiù?
Emmanuel Macron ha dimostrato di essere coraggioso, lanciandosi in una campagna senza grandi mezzi, né avendo la certezza di vincere. Credeva semplicemente che valesse la pena giocare la sfida di riformare la Francia e rilanciare l’Unione europea. La fortuna aiuta gli audaci.
Macron ha annunciato l’intento di internazionalizzare En Marche a livello europeo. Secondo lei, quale sarebbe il possibile movimento politico alleato italiano?
“En marche” è emerso da una volontà di rinnovamento. Alcune personalità della classe politica precedente si sono quasi subito presi gioco di Macron, ma lui non ha sacrificato le sue ambizioni per dei giochi di alleanze. Se l’operazione dovesse esser fatta a livello europeo, la ricetta di successo sarebbe l’innovazione e di certo non il riciclaggio dei movimenti politici passati. Da dove arriveranno, per le elezioni europee 2019, il rinnovamento e il rifiuto della demagogia? Questa è l’unica domanda da porsi in tutti i paesi. La creazione di liste transnazionali, proposta da Macron, dovrebbe anche aiutare ad europeizzare il voto.
A tal riguardo, cosa ne pensa del “dégagisme” di Mélenchon?
Mélenchon, membro del partito socialista, è stato ministro e senatore per anni. È il prodotto più puro del sistema politico precedente. O soffre di amnesia o gioca con la credulità delle giovani generazioni. Il suo “dégagisme” è soltanto uno specchietto per le allodole.
Su quali settori si potranno rinnovare le relazioni fra Francia e Italia?
In tema economico, la Francia e l’Italia potrebbero essere ancor più di come lo sono oggi delle forze prepositive insieme alla Germania, a servizio degli investimenti, dell’innovazione e dell’equità sociale. Molte personalità, sia in Francia che in Italia, combattono la battaglia sbagliata, sognando un’alleanza latina contro i tedeschi. Questo significherebbe negare l’Europa. Il rispetto degli impegni presi, la riduzione del deficit e del debito non sono dei regali a Berlino o Bruxelles, ma una necessità per preservare il futuro delle generazioni italiane e francesi.
Quali quindi gli interessi in comune?
In alcuni settori, i due paesi hanno degli interessi comuni: per esempio nel rispetto dell’ambiente del Mediterraneo e, più in generale, nella promozione dei legami di cooperazione con la sponda meridionale; per la difesa del patrimonio culturale o ancora lo sviluppo, su scala europea e mondiale, di un’agricoltura di qualità legata ai territori. In altri settori, devono imparare l’uno dall’altro: ad esempio, l’Italia ha conservato una buona industria; la Francia ha per molto tempo avuto un tasso alto di natalità, combinato a una partecipazione delle donne al mercato del lavoro ben più significativa.
Lei ha lavorato con Romano Prodi e Mario Monti, quali ricordi conserva di loro? E quale personaggio politico italiano del momento ammira di più?
Romano Prodi e Mario Monti sono due grandi uomini europei abitati da forti convinzioni. Ognuno ha un carattere e uno stile differente. Il loro punto comune è una grande profondità di spirito rafforzata da un solido senso dell’umorismo. Trovo il premier attuale, Paolo Gentiloni, un ottimo servitore del suo paese e dell’Europa, come anche il Presidente Napolitano aveva saputo fare prima di lui. La grandezza si misura con il rispetto delle istituzioni, al lavoro puntuale, paziente più che con atteggiamenti spocchiosi.