Una webtax internazionale è in stallo, visti i tanti interessi divergenti dei paesi che dovrebbero giungere a un accordo. Alessandro Giovannini, docente di diritto tributario all’Università di Siena, spiega quali sono i piani su cui si gioca questa partita, e quali soluzioni immaginare per il futuro.
Perché una webtax internazionale è così difficile da attuare?
“Le difficoltà sono mondiali e non si riferiscono alla tecnica: il motivo per cui non si è ancora arrivati a un accordo su scala internazionale è politico. Per gli Stati Uniti, ad esempio, gli Over the top devono esclusivamente pagare le tasse nel loro paese, dove possono anche agevolarli nel caso in cui li ritengano strategici per la loro economia. Non hanno interesse affinché si superi la dimensione ‘fisica’ del fisco, come vogliono l’Italia e altri paesi europei, come l’Italia”.
Perché in Italia la proposta non è stata ancora attuata?
“Per gli stessi motivi per i quali manca un accordo mondiale: i limiti tecnici si possono superare, ma a livello politico i proclami sulla webtax sono pura propaganda elettorale. A nessuno conviene mettersi contro Stati Uniti e Cina. E dico questo ribadendo che, sì, la webtax è una necessità: il commercio elettronico ha assunto dimensioni troppo importanti per rimanere in questa condizione”.
Riguardo le criticità sollevate sull’argomento lei cosa pensa?
“La doppia tassazione, per esempio, è uno dei limiti delle webtax. Ma è un limite che riguarda una tassazione nazionale: per questo dico che un accordo internazionale è la soluzione migliore. Poi è chiaro che si può passare anche per regolamentazioni bilaterali fra paesi, prima di accordarsi all’interno dell’Unione Europea o dell’Ocse. Ma il punto d’arrivo deve essere quello”.
Però ci sono Stati Uniti e Cina nell’Ocse e paesi come l’Irlanda nell’Unione Europea. Lei che soluzione auspica per questa empasse?
“Un accordo globale, interno all’Ocse, sarebbe la vera soluzione. Però mi rendo conto che è praticamente impossibile mettere d’accordo così tanti paesi, così tanti governi. Meglio pensare, intanto, a livello europeo: bisognerebbe evitare che paesi come l’Irlanda adottino regimi fiscali agevolati. Questo sbloccherebbe la situazione”.