Cile, Bolivia e Haiti. Il Sudamerica brucia sotto le fiamme delle proteste. In Cile sono iniziate lo scorso 18 ottobre e da allora si contano almeno 20 morti e 1.600 feriti. Il motivo scatenante è stato l’approvazione di una legge che aumentava il prezzo del biglietto della metropolitana della capitale, Santiago, facendolo passare da 800 a 830 pesos nelle ore di punta. Ma ben presto le manifestazioni si sono allargate ad altri temi economici.
La Bolivia è stata oggetto di quello che da molti viene definito un “colpo di Stato”. Il presidente Evo Morales è stato costretto a dimettersi e a rifugiarsi in Messico. Da lì punta il dito contro l’ambasciata degli Stati Uniti come vero attore del colpo di Stato, denunciandone l’intenzione di impossessarsi del litio – cruciale per la realizzazione delle batterie ricaricabili – di cui la Bolivia afferma di possedere il 70% delle riserve mondiali.
Ad Haiti le proteste sono iniziate agli inizi del 2019, ma è negli ultimi giorni che la situazione è peggiorata. Le forze anti governo chiedono le dimissioni del presidente Jovenel Moise, coinvolto in uno scandalo di corruzione. Le altre cause della protesta sono la crescente inflazione e la mancanza degli alimenti di prima necessità.
Ma il problema più grande ora in Sudamerica è rappresentato dal Venezuela. Secondo l’ultimo rapporto dell’UNHCR dal 2015 a oggi più di 4,5 milioni di persone hanno lasciato il Venezuela. Il più grande esodo di massa della storia moderna in America latina, che ha ripercussioni su tutti gli altri Paesi dell’America del Sud.
Sudamerica travolto dall’onda delle proteste
19 Novembre 201972