Tornano azione, dramma e giochi di potere tra Chiesa, politici corrotti e criminalità organizzata per la conquista del litorale di Ostia. Ieri è stato annunciato che Suburra, la prima serie italiana originale Netflix prodotta da Cattleya in collaborazione con Rai fiction, avrà il suo seguito. La prima stagione è stata distribuita in 190 paesi, riscontrando l’approvazione del pubblico internazionale.
Non si conoscono nel dettaglio date di uscita, numero degli episodi e nuovi intrighi. Certamente torneranno nella serie i personaggi più amati: Aureliano (Alessandro Borghi, protagonista anche del film Suburra), lo zingaro Spadino (Giacomo Ferrara) e Lele (Eduardo Valdarnini), la consulente finanziaria legata alla Chiesa Sara Monaschi (Claudia Gerini), il politico Amedeo Cinaglia (Filippo Nigro) e il boss Samurai (Francesco Acquaroli).
La sceneggiatura sarà nuovamente nelle mani di Ezio Abbate, Fabrizio Bettelli e Barbara Petronio, che curerà anche la supervisione editoriale. La regia sarà sempre di Andrea Molaioli, affiancato dalla new entry Piero Messina.
Per la quarta volta Netflix investirà su una produzione italiana la cui trama è ispirata alla realtà, dopo la prima stagione di Suburra, la docu-serie Juventus Fc sulla vita dei calciatori della squadra torinese e Baby, la serie sulle baby-squillo dei Parioli.
La prima stagione, tratta dall’omonimo romanzo di Giancarlo De Cataldo e Carlo Bonini, è ispirata all’inchiesta Mafia Capitale del giornalista de L’Espresso, Lirio Abbate, e ai più recenti fatti di cronaca, che con ogni probabilità potrebbero ispirare anche la scrittura dei nuovi episodi.
Passando dalla fiction alla realtà va detto che, il 25 gennaio scorso, dopo mesi di indagini, sono state emesse 32 ordinanze di custodia cautelare contro i membri del clan Spada. Tra questi appare il nome anche di Carmine Spada, detto “Romoletto”, considerato il capo. Per la prima volta è stata contestata dai pubblici ministeri Mario Palazzi e Ilaria Calò l’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso (articolo 416 bis del codice penale).