Il padre le taglia i fondi, lei gli fa causa e vince. È la storia di una 26enne di Pordenone che mesi fa ha citato in giudizio il padre per averle ridotto la paghetta.
La ragazza, dopo il divorzio dei genitori, era stata affidata al papà. Ma, a seguito del ritardo della giovane negli studi universitari (26 anni e non ancora laureata alla triennale) lui decide di chiudere i rubinetti.
La figlia non gradisce la decisione del genitore e, assistita dall’avvocato Gabriele Sansonetti, porta il papà davanti al Tribunale ordinario di Pordenone chiedendo un assegno di 2577 euro mensili.
Il Tribunale accoglie la domanda della ragazza sostenendo che il suo ritardo negli studi sia una conseguenza del divorzio dei genitori e condanna il papà a provvedere ancora al mantenimento della figlia con un assegno di 500 euro al mese.
Il padre non accetta la sentenza del Tribunale e fa appello alla Corte di Trieste. Nel ricorso il genitore spiega che, per motivi educativi, la paghetta della figlia dovrebbe essere legata ai risultati universitari. Ma anche stavolta la sentenza, emessa il 5 maggio scorso, non gli dà ragione. La Corte, però, riduce l’ammontare dell’assegno da 500 euro a 350 euro mensili.
Ma la vicenda non sembra finire qui. Si rischia di arrivare in Cassazione dato che il papà si è dichiarato pronto a revocare l’assegno nel caso in cui la figlia continui a non sostenere gli esami universitari e a non trovare un impiego.