ROMA – La procura di Roma chiede l’archiviazione dell’inchiesta sulla strage di Ustica. Nessuna bandiera sui caccia in assetto da guerra che hanno provocato l’abbattimento del Dc-9 di Itavia diretto da Bologna a Palermo la sera del 27 giugno 1980 nei cieli di Ustica. Nonostante le decine di rogatorie internazionali, le più recenti con Francia e Stati Uniti, e le numerose testimonianze raccolte dai magistrati non si è arrivati all’individuazione di un colpevole.
Sul tavolo del gip staziona, da giorni, il fascicolo composto dalle conclusioni degli inquirenti e da numerosi allegati per migliaia di pagine tra nuovi documenti, verbali di testimoni e risposte alle molte rogatorie. Dai paesi alleati c’è stata una formale collaborazione ma le informazioni fornite sono state spesso non riscontrabili o fuorvianti. La qualità e l’accuratezza delle risposte ricevute dall’estero hanno sollevato interrogativi sulla loro completezza, rallentando ulteriormente il lavoro di investigazione e sollevando dubbi sulla disponibilità a collaborare per la ricerca della verità.
Le ipotesi sul disastro
Nella sua richiesta di archiviazione contro ignoti, la procura di Roma esclude l’ipotesi che ad abbattere il Dc-9 sia stato un ordigno nascosto a bordo. Così come esclude la pista dell’attentato terroristico. L’unico dato certo è che quella sera, nei cieli di Ustica, volarono degli intercettori “fantasma”, individuati ma non identificati dai radar. I velivoli avrebbero intersecato la rotta del Dc9 perché impegnati in manovre da combattimento.
La possibilità di “near collision”
Il giudice istruttore Rosario Priore, nel 1999, aveva acquisito una perizia tecnico-scientifica che provava la possibilità di una “near collision” che avrebbe portato alla distruzione del velivolo di Itavia. I dati radar dimostrano infatti che i caccia assunsero una condotta da combattimento che coincideva con la rotta del Dc-9. Secondo questa ricostruzione gli aerei militari stavano provando a stanare l’obiettivo dalla scia del volo italiano.
Il risultato delle manovre da combattimento sarebbe stato un forte spostamento d’aria che avrebbe quindi cagionato la rottura di un’ala del Dc-9 e il conseguente abbattimento.
La scarsa collaborazione internazionale
I magistrati capitolini hanno formulato 63 rogatorie internazionali nel corso degli anni, che però, nonostante la collaborazione delle autorità americane, non hanno portato a una vera svolta nell’inchiesta. Le richieste agli Stati Uniti riguardavano la presenza in volo di aerei americani e le registrazioni radar che provavano la presenza di una portaerei Usa nel Tirreno, la sera del 27 giugno. Washington ha sempre risposto che la nave era ferma e i radar spenti. Lo stesso procedimento aveva riguardato le autorità francesi che, però, hanno dato risposte “non congruenti”, smentite da testimoni oculari.
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, in occasione del 45esimo anniversario della strage, ha chiesto verità agli alleati, in un accorato appello in cui giurava sull’impegno della Repubblica nella ricerca della verità.