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Stop ai vitalizi per i condannati, ma le eccezioni fanno polemica

di Stelio Fergola08 Maggio 2015
08 Maggio 2015

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La sintesi è: una delibera che abolisce i vitalizi per i parlamentari condannati, ma più d’uno non sarà soggetto alla norma. L’approfondimento parte dal fatto che qualsiasi condannato in via definitiva per reati penali (che siano di mafia o contro la pubblica amministrazione) e per pene superiori ai due anni dovrà rientrarvi appieno. Ma finisce con l’esclusione dell’abuso d’ufficio e altre eccezioni che potranno permettere a deputati e senatori di non rinunciare alla pensione. Soddisfatti Pietro Grasso e Laura Boldrini, che hanno definito la delibera un “bel segnale”, sul piede di guerra i grillini che la ritengono salvifica della “stragrande maggioranza dei politici condannati” colpendo solo una piccola cerchia. Abbandonano l’aula i deputati di Forza Italia, votano a favore, insieme al Pd, Lega e Sel.
I limiti, in effetti, si presentano in modo esplicito. Oltre all’esclusione dell’abuso di ufficio, altri elementi permetteranno, quanto meno ad alcuni, di non essere toccati dal provvedimento. Innanzitutto la cessazione del vitalizio potrà non avere effetto nel caso in cui il politico condannato in via definitiva si serva della riabilitazione, istituto dell’ordinamento penale che consente (dopo 10 o 3 anni, a seconda della gravità del reato) di ottenere l’estinzione degli effetti penali e relative pene accessorie: in parole povere, se la richiesta del condannato verrà accettata dal giudice, si potrà anche ottenere la rassegnazione del vitalizio. Inoltre, la norma non può essere applicata nel caso di assegni e pensioni di reversibilità, nel caso in cui il parlamentare sia deceduto prima dell’entrata in vigore della delibera.
Tra i casi più spinosi che rientrano appieno nell’abolizione: Totò Cuffaro, condannato a 7 anni per mafia; Marcello Dell’Utri (7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa), Toni Negri (12 anni per complicità con le Brigate Rosse), e anche il caso più “popolare” di Silvio Berlusconi, che però potrà richiedere la riabilitazione nel 2018.
Chi si salva? Alcuni esempi, citati anche dai grillini in aperta polemica con il provvedimento: Marcello De Angelis, esponente del gruppo neofascista “Terza Posizione” 5 anni per banda armata ma riabilitato. O Paolo Cirino Pomicino, che continuerà a percepire oltre 5mila euro di pensione nonostante la condanna per finanziamento illecito e corruzione. O, ancora, Salvatore Sciascia, sempre per corruzione ma riabilitato di recente.
Il problema sembra proprio essere l’istituto della riabilitazione, più che della legge in sé. Ma, se c’è chi considera comunque la delibera un “primo passo verso una maggiore legalità, un segnale forte” come Gianni Melilla di Sel, o chi lo vede come “un fatto positivo, ma che poteva essere più coraggioso” ascoltando le parole di Davide Caparini della Lega. Forza Italia si dichiara “favorevole solo a una legge ad hoc”, mentre il Movimento 5 Stelle la definisce apertamente “una farsa”.

Stelio Fergola

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